In un intervento alla Commissione diritti umani dell’Onu, il ministro degli Esteri dell’Uganda, Sam Kutesa, ha incolpato il colonialismo britannico per le leggi anti-gay vigenti ancor oggi nel paese. Molti paesi del Commonwealth infatti hanno nel loro codice penale leggi che discriminano o perseguitano l’omosessualità, leggi di fatto introdotte dall’Impero britannico e mai abrogate.
Sono 40 su 53 gli Stati del Commonwealth che, ad oggi, ancora criminalizzano l’omosessualità. In Uganda si può essere addirittura condannati all’ergastolo per i rapporti gay maschili. Nel 2013 si era arrivati all’introduzione della pena di morte, ma tale legge è stata poi abrogata dalla Corte Suprema per un problema formale.
Nonostante i pessimi record dell’Uganda sui diritti umani in generale, il ministro degli Esteri Kutesa ha attribuito la colpa, almeno su quelli legati all’orientamento sessuale, al retaggio coloniale: “Alcuni pensano che ci sia una nuova legge che proibisca l’omosessualità. In realtà nel nostro caso il retaggio deriva dal periodo coloniale e la nuova legge che vietava ogni attività alla comunità LGBT è stata sì approvata, ma poi abrogata nelle aule di giustizia”.
Kutesa in realtà ha poi ammesso che la persecuzione attuale dell’omosessualità avviene, e avviene per limitarne la “promozione”: “Sono secoli che esistono persone così nel paese, ma non possiamo permettere la promozione del loro stile di vita. Se questo è quello che sono, perché promuoverlo? Io sono quello che sono, ma non mi promuovo. Non possiamo accettare l’esibizione. Se è la vostra vita privata, vivetela nascosti. Non c’è tolleranza per l’ostentazione e per il disturbo delle persone normali”.
Va ricordato che il ministro per l’Etica e l’Integrità ha recentemente promesso di arrestare chiunque celebri i diritti LGBT. Non mancano infatti nel Paese continui episodi di repressione anche violenta delle manifestazioni LGBT.
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Ma basta con sta buffonata, allora le nostre leggi sono colpa di Federico di Svevia??? Ma finitela...