C’era una volta “Checca” di William Burroughs, romanzo fondamentale nella formazione queer di intere generazioni. L’edizione italiana di “Queer” dell’immenso scrittore beat fu infatti – giustamente – titolato “Checca”, nella prima versione italiana pubblicata da Adelphi. In seguito, il titolo fu riportato al suo originale, “Queer”. Meno pericoloso, meno tacciabile di infrangere le regole contemporanee del politicamente corretto. E più fedele all’originale. Perché oggi la parola “queer” è sdoganata, comprensibile in Italia grazie anche al lavoro di un movimento e di tante checche che negli scorsi decenni, fieri del proprio essere checca, se ne andavano sbandierando il romanzo di Burroughs in pubblico o riponendolo in bella vista sulle proprie librerie.
Quel secondo romanzo di Burroughs, scritto tra il 1951 e il 1953, rimase sepolto e occultato per più di tre decenni, e fu pubblicato soltanto nel Novembre del 1985. Racconta di un avvenimento che lo scrittore aveva taciuto : la morte di sua moglie Joan, uccisa da Burroughs sotto l’effetto di sostanze psicotrope.
“Devo giungere all’orrenda ammissione che non sarei mai diventato uno scrittore, senza la morte di Joan”
(William Burroughs)
“Queer” fu certamente fonte di ispirazione di un capolavoro assoluto della storia del cinema: “Il pasto nudo” di David Cronenberg, tratto dal romanzo omonimo di Burroughs, ma che da “Queer” assorbe quel cinismo autoironico con il quale noi checche infieriamo su noi stesse. Oggi sembra meno possibile, bisogna ammetterlo.
Ora “Queer” di William Burroughs è pronto per arrivare nuovamente al pubblico del grande cinema grazie a “Queer” (e non “Checca”) di Luca Guadagnino: non osiamo immaginare l’eccitazione di William Burroughs che da un qualche aldilà alterato sarà in balia di una catena ossessiva di capriole di gioia. Il protagonista di Guadagnino sarà Daniel Craig, amatissimo 007 che nel 2008 disse che, fintanto che sarebbe stato lui ad interpretare James Bond, questi non sarebbe mai stato gay. E ora cosa accade? Eccoci: Daniel Craig passa da 007 a checca, e sarà protagonista dell’atteso film di uno dei più influenti registi italiani viventi.
Ma “Queer” che titolo avrà in Italia? Sarà “Queer” o “Checca”. Da quanto si apprende, sarà “Queer”. E intanto Daniel Craig, in un impeto improvvisamente filo-checca, o filo-frocista, o semplicemente per recuperare simpatie presso la comunità queer, ha recentemente dichiarato che preferisce i bar gay a quelli etero. Lusingati.
Guadagnino, che con il suo già ultimato “Challengers” con Zendaya potrebbe essere alla Mostra del Cinema di Venezia a settembre, inizierà a girare il suo “Queer” tra pochi giorni, il 28 Aprile. Accanto a Daniel Craig nel ruolo di Lee, protagonista del discensus ad inferos tossico narrato da Burroughs, nel cast pare sia in discussione la partecipazione di Frances McDorman, forse sostituita da Lesley Manville. Ci saranno Jason Schwartzman ed Henry Zaga. A interpretare il giovane Allerton, del quale Lee (Craig) si innamora ossessivamente, sarà Drew Starkey, star di “Outer Banks” (dove interpreta il ruolo di Rafe Cameron).
Anche per “Queer”, come già per “Challengers”, Luca Guadagnino avrà con sé sia il drammaturgo americano Justin Kuritzkes alla sceneggiatura, sia J.W. Anderson, direttore creativo folle e rivoluzionario di Loewe che, come pochi, ha instillato nella moda recente il fremito queer, e che a Variety ha dichiarato:
“È uno dei miei libri preferiti in assoluto. E il film ha tutto: il Messico, un sacco di droghe e Daniel Craig”
(J.W. Anderson sul “Queer” di Luca Guadagnino)
A Città del Messico, Lee (Daniel Craig) si aggira per i club e i bar della città popolati da studenti universitari americani espatriati e da relitti umani ai margini della società. Finisce per innamorarsi di Allerton (Drew Starkey), militare della Marina americana, tossicodipendente indifferente ai sentimenti e alle avances di Lee, ma che cede alle sue lusinghe sessuali e lo accompagna in un viaggio di devastazione e delirio nel Sud America, alla ricerca di una sostanza, “Yage”, che a detta di Lee lo renderà sensitivo.
Sebbene la storia del film, come nel languido romanzo di Burroughs, sia ambientata a Città del Messico, Guadagnino e la produzione (The Apartment) hanno preferito ricostruire tutto negli studi di Cinecittà Studios a Roma, dove tra pochi giorni ci sarà il primo, atteso ciak.
Chissà se William Burroughs avrebbe preferito come titolo italiano “Checca”? Pensiamo di sì. E pensiamo che anche Guadagnino avrebbe preferito “Checca”. Non lo sapremo mai. A meno di non assumere un po’ di “Yage”.
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