I ballottaggi delle elezioni amministrative si avvicinano e il DDL Zan torna finalmente a galla dalle secche del Senato della Repubblica. Nella Capigruppo del Senato che si terrà martedì 19 ottobre, le forze politiche che hanno sostenuto la legge contro l’omotransfobia, misoginia e abilismo alla Camera chiederanno che dal 25 ottobre si riprenda l’iter di approvazione. “È tempo di approvare la legge contro i crimini d’odio definitivamente. Tempo scaduto“, ha cinguettato Alessandro Zan.
“Sarà importante il sostegno da parte di tutti e tutte voi perché questa battaglia la si vince quando c’è il sostegno dall’esterno da parte dell’opinione pubblica“, ha continuato il deputato Pd sui social. Approvato alla Camera 11 mesi fa, il DDL Zan è fermo al senato da mesi, perché partiti come Italia Viva che l’hanno sostenuto e votato a Montecitorio hanno ora deciso di affiancare Lega e Forza Italia nella richiesta di modifiche al ribasso che cancellerebbero le persone transgender da qualsivoglia tutela e obbligherebbero l’iter a ricominciare dall’inizio.
Una volta calendarizzato a palazzo Madama, il DDL Zan dovrà terminare la discussione generale, resa indimenticabile lo scorso luglio dagli interventi dei senatori leghisti, berlusconiani e meloniani. Poi c’è il rischiosissimo voto sul “non passaggio agli articoli“ a scrutinio segreto, chiesto da Lega e FDI. Successivamente, eventualmente, i mille emendamenti, alcuni dei quali proposti da Italia Viva. Se il centrodestra compatto dovesse votare gli emendamenti dei renziani, numeri alla mano la legge rischierebbe seriamente di andare incontro a irreversibili modifiche.
Superate le amministrative, che potrebbero vedere il Pd di Enrico Letta trionfatore assoluto con 5 grandi città su 5 conquistate alle elezioni, il pallottoliere potrebbe ancora una volta cambiare forma. A Renzi e ai suoi senatori, che da mesi chiedono aggiustamenti al DDL da loro non solo già votato ma in parte persino scritto, il compito eventuale di ribaltare ulteriormente il tavolo, portando anche l’Italia tra i Paesi d’occidente che hanno da tempo legiferato contro l’omotransfobia.
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