Proteste e scontri con la polizia animano ancora le strade di Hong Kong. L’ultimo, pesante, confronto si è tenuto nella mattinata del 29 novembre quando circa 200 agenti di polizia si sono scagliati contro un corteo pacifico pro-democrazia. La manifestazione era stata organizzata da Stand News, un sito di notizie con sede nella città che da anni lotta a favore della democrazia nella provincia autonoma.
Sono stati in tutto sette gli arresti di persone legate al sito, compreso il direttore editoriale, che ha annunciato nelle ore successive la chiusura di tutti i media a loro legati. «La politica editoriale di Stand News doveva essere indipendente e impegnata a salvaguardare i valori fondamentali di Hong Kong di democrazia, diritti umani, libertà, stato di diritto e giustizia», si legge nell’annuncio d’addio. Le accuse dietro gli arresti sarebbero cospirazione e pubblicazione di materiale sedizioso che, stando alle parole del funzionario n.2 di Hong Kong, John Lee, metterebbero in pericolo la sicurezza nazionale.
Ma non solo giornalisti. Tra i sette arrestati, infatti, è comparsa anche la pop star lesbica Denise Ho, cantante cinese naturalizzata canadese impegnata nell’attivismo a favore dei diritti LGBTQ+ nel Paese. Negli ultimi anni anche membro del direttivo di Stand News, il suo nome è ben noto alle autorità. È stata infatti inserita nella lista nera del governo cinese dopo aver partecipato attivamente nel 2014 alla Rivolta degli Ombrelli – la protesta volta a ottenere il suffragio universale che durò 79 giorni (gli ombrelli furono usati per difendersi dai lacrimogeni lanciati dalla polizia). È anche noto il suo impegno per denunciare le brutalità della polizia, di cui ha testimoniato anche davanti al Congresso degli Stati Uniti.
Denise Ho è stata rilasciata dopo poche ore e il giorno seguente ha fatto sapere tramite i suoi profili social di essere tornata a casa sana e salva. I crimini di cui lei e i membri di Stand News sono accusati, però, rischiano di trasformarsi in una multa di 5,000 dollari di Hong Kong e due anni di prigione.
L’azione delle autorità contro la protesta è un diretto risultato della nuova legge sulla sicurezza nazionale promossa dal Partito Comunista Cinese e in vigore da giugno 2020 – questa varata in un tentativo di sedare le proteste che vanno avanti dal 2019. La stampa è stata una dei principali bersagli della legge, tanto che anche un altro sito di news, l’Apple Daily, è stato costretto a chiudere i battenti. «Queste sono le mele marce che stanno abusando della loro posizione semplicemente indossando un falso cappotto da addetto ai media. Sono le persone che danneggiano la libertà di stampa. I professionisti dei media dovrebbero riconoscerlo, dire di no a queste persone e stare lontano da loro», è stata la giustificazione dietro a quella che si può definire una vera e propria repressione della libertà di stampa, anche se i funzionari continuano a negare che qualcosa del genere sia in atto.
Thank you friends for all your kind messages, I have been released on bail and have returned home safely.♥️🙏🏿
— Denise Ho (@hoccgoomusic) December 30, 2021
D’altro canto, Hong Kong – come tutta la Cina – è conosciuta per non essere completamente liberale nei confronti della comunità LGBTQ+, e Denise Ho è stata una delle prime celebrità della regione a fare coming out nel 2012. Il suo continuo attivismo attivo, poi, l’ha resa una vera e propria nemica dello status quo del Partito, motivo per cui non le è più permesso esibirsi in patria. Si attendono ora ulteriori sviluppi sulla vicenda.
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