Ha 83 anni don Franco Barbero, presbitero della comunità cristiana di base di Pinerolo dimesso dallo stato clericale da papa Giovanni Paolo II all’inizio del 2003. Un prete che nel lontano 1968 ha iniziato a benedire le coppie omosessuali, per poi sposarle dal 1978. Come raccontato a Cristina Palazzo de LaRepubblica, ha celebrato “680-690 matrimoni omosessuali, più della metà tra donne, ma ne sto preparando altri. Presto anche uno tra due preti. Non bisogna giudicare”.
Pubblicati oltre 30 libri, teologo, Barbero ha organizzato nel 1980 il convegno europeo su “Fede cristiana e omosessualità”. E ancora oggi ricorda la sua prima benedizione ad una coppia gay.
“Il 7 dicembre 1963 si avvicinò un ragazzo in chiesa, iniziò a parlarmi di un suo amico. Gli dissi di venirmi a trovare in seminario e capii che parlava di amore. Nel ’66 li ho benedetti. Nel ’78 decisi che li avrei sposati”.
Dinanzi alla Chiesa di oggi, che continua a tenere distante la comunità LGBTQ negando benedizioni, unioni e persino sostegno ad una sacrosanta legge contro l’omotransfobia, Barbero prende nette distanze: “La Chiesa è fondamentalista: nonostante le bonarie dichiarazioni di Papa Francesco non ha preso posizione. Questo ha fatto allontanare milioni di persone, mi rincresce che si allontanino anche da Dio”. “Non ho avuto la vita che pensavo ma ho compiuto scelte che al termine dei miei giorni ritengo dono di Dio. Ho intrecciato studio e spiritualità con la vita sul gratuito, con i poveri, con coloro che nella chiesa sono perseguitati, abbandonati, derisi o messi tra i peccatori”.
Una comunità di ultimi tra gli ultimi, quella di Barbero, che abbraccia “transessuali, omosessuali, preti scomunicati con amori nascosti, donne calpestate perché hanno abortito. Tossicodipendenti. È la popolazione più bella del mondo da cui ho imparato ad ascoltare. Mi contattano tramite il mio blog, ricevo lettere, faccio numerosi colloqui. Ho la gioia di accompagnare cinque o sei comunità tra Pinerolo, Piossasco, Torino. Sono fedele al mondo degli ultimi”.
Venti anni fa la lettera della Santa Sede con il primo ultimatum.
“Mi chiesero di rinnegare, la mia coscienza non me lo permetteva. Ma la dispensa vaticana non mi ha allontanato dalla gente”. “Il difficile è stato sentirsi isolati dalla chiesa e dalle persone a cui avevo voluto bene. Non si è né eroi né forti, mi sono sempre ritenuto umanamente fragile. Mi chiedevo solo “come fa la mia chiesa a non capire che lo faccio proprio per io Vangelo?”. Ma non avere lo stipendio dei preti mi ha reso libero. Da 31 anni sono sposato, mia moglie è un dono di Dio. E ho avuto sempre vicino persone che mi sostenevano, anche economicamente”. “Sono uscito dalla prigione del modello unico che i miei studi mi avevano creato mentre l’amore non smette di essere un giardino che fiorisce con mille fiori. Non ci sono categorie ma persone in evoluzione, di esperienza d’amore e sessualità diversa. Per me è stata una grande scoperta”.
Eppure all’epoca, Barbero fu vittima di odio, con “lettere anonime, di disprezzo. Mi hanno minacciato e una sera mi hanno gettato in una fontana. Sono andato dalla polizia perché mi arrivano mail con richieste di denaro. Non è piacevole ma oggi non ci faccio caso“. Anche perché a quasi 60 anni dalla sua prima “ribellione“, Don Franco vine “una situazione umile ma di grande gioia“. Umile tra gli ultimi.
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