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A 44 anni molla tutto e rinasce drag queen casalinga: la storia di Kasha Davis

Ed Popil ha cambiato la sua vita: "generazioni di artisti queer hanno creato spazio per il drag in luoghi che altrimenti sarebbero stati inospitali per le persone LGBTQ+"

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Cambiare drasticamente la propria vita a quarantaquattro anni non è cosa facile, soprattutto se quello che si va a fare è qualcosa a cui non si sarebbe mai pensato. È quello che è successo a Ed Popil, un manager di Rochester che all’improvviso ha scoperto l’arte del drag e ha visto aprirsi una nuova strada sotto l’alter ego di Kasha Davis.

 

La sua storia è ora raccontata nel documentario Workhorse Queen, diretto da Angela Washko, presentato in numerosi festival internazionali (dal 3 Maggio in streaming soltanto in USA su Starz). Partendo dalla vita di prima, quella come manager di un centro di telemarketing per diciotto anni, il documentario mostra il viaggio nel mondo delle drag queen di Ed. La sua Kasha Davis non si ispira a personaggi della cultura pop, ma è una casalinga degli anni Sessanta che cerca di liberarsi dalle fatiche domestiche esibendosi di notte in segreto, come omaggio alla madre.

 

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La locandina di Workhorse Queen

Sette anni di audizioni e finalmente la possibilità di partecipare a RuPaul’s Drag Race: è la svolta che aspettava. Ed intraprende così una carriera nell’intrattenimento a tempo pieno, nonostante la tarda età. E nonostante sia Kasha Davis sia stata una delle concorrenti più sottovalutate dello show, ha conquistato il cuore del pubblico e la rampa di lancio che si è costruita ha dato presto i suoi frutti.

«In questo momento culturale in cui le drag queen sono più visibili nello spazio competitivo della realtà televisiva, è importante ricordare che ci sono comunità di drag queen che fanno lavori significativi, sovversivi e celebrativi nelle città più piccole – e che ogni drag queen che arriva sul palcoscenico della televisione fa parte di un lignaggio più lungo di attivisti e artisti queer che hanno aperto la strada per loro»

 

Così ha parlato la regista Angela Washko, sottolineando come il documentario si propone anche di mettere in risalto una divisione che si è andata formando all’interno della stessa comunità di drag queen, e cioè la differenza tra coloro che vanno in televisione e coloro che invece non lo fanno, come se chi entrasse a fare parte del mondo dello spettacolo fosse superiore a chi invece ne rimane fuori. Due pesi e due misure che l’attivismo sta cercando di eliminare.

 

La storia di Ed Popil è una di queste. La sua Kasha Davis rappresenta una larga parte della comunità drag che esce dai canoni che la televisione vorrebbe imporre ai suoi partecipanti, diventando così un personaggio rivoluzionario e sovversivo. Da un lato vicino alla soglia di Hollywood, dall’altro saldamente cementato all’interno della sua comunità di Rochester, Kasha Davis ha trovato a casa un nuovo e sorprendente pubblico mentre il suo obiettivo è diventato quello di diventare un modello queer per i bambini e i giovani, uno che Ed non aveva e che cercava disperatamente crescendo.

 

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Angela Washko, la regista di Workhorse Queen

 

«Questo film celebra generazioni di artisti queer che hanno creato spazio per il drag in luoghi che altrimenti sarebbero stati inospitali per le persone LGBTQ+»

Attraverso anche testimonianze di celebrità del drag, comunità di performance sovversive in tutto il mondo e drag queens che sono state rifiutate dal reality show, la storia di Ed Popil diventa il mezzo attraverso cui si delinea il vasto e complesso orizzonte del mondo del drag. Da scoprire, comprendere e amare.

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