Si fa un passo avanti e due indietro. Nelle ultime ore, ha fatto scalpore la campagna anti-LGBTQIA+ avviata dall’account twitter Fetrah, volta a promuovere l’idea che lo spettro dell’identità di genere si limiti solo a due opzioni, maschio e femmina.
Fetrah in Arabo significa letteralmente “istinto umano”, ed è una diretta risposta al Pride Month nel Medio Oriente: proprio al termine del mese dell’orgoglio, Fetrah ha cominciato infatti a diffondere la propria ideologia, ma solo negli ultimi giorni è riuscita a catturare l’attenzione internazionale.
La campagna nasce insieme ad altre numerose controversie politiche scoppiate in Arabia Saudita, in particolare quella che ha visto il ritiro di diversi prodotti e articoli d’abbigliamento arcobaleno, colpevoli – secondo alcuni esponenti politici – di promuovere l’omosessualità.
Fetrah è nata dall’idea di tre specialisti di marketing egiziani – molto conosciuti e rispettati nell’ambiente grazie alla loro attività specifica per la promozione di start-up. L’iniziativa ha raccolto in brevissimo tempo migliaia di follower su più piattaforme.
Gli ideatori incoraggiano i propri follower a rifiutare le idee liberali su orientamento sessuale e identità di genere cambiando la propria immagine profilo con quella di una bandiera che riporta i colori rosa e azzurro – maschietto e femminuccia. Insomma, un viaggio nel tempo.
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Meta aveva bannato gli account Instagram e Facebook di Fetrah a inizio giugno, dopo aver riscontrato un sostanzioso following omofobo composto da più di mezzo milione di utenti. Ironico il fatto che, prima di essere bannato, l’account aveva ricevuto la spuntina blu di verifica.
Tuttavia, il movimento non ha interrotto le proprie attività e, anzi, ha proceduto a creare diversi altri account su tutte le piattaforme, continuando a raccogliere entusiasti supporter. Una voce sempre più tonante che ha raggiunto anche l’attenzione internazionale.
Oggi, il profilo Twitter di Fetrah vanta oltre 75.000 follower. Gli attivisti si sono indignati, ed hanno accusato Twitter ancora una volta di non agire in tempo per contrastare fenomeni che contribuiscono a marginalizzare ulteriormente una comunità fragile come quella LGBTQIA+ nei paesi arabi.
Mahsa Alimardani, esperta di marketing digitale, è stata la prima a segnalare l’immobilità di piattaforme social network come Meta e Twitter nel contrastare questo tipo di campagne dannose per le minoranze vulnerabili.
“L’eccessiva censura potrebbe diventare un problema su alcune piattaforme, ma specialmente su Twitter notiamo che esiste il fenomeno contrario, specialmente quando si parla di molestie e contenuti offensivi rivolti alle comunità vulnerabili” ha dichiarato Alimardani. “Con Fetrah osserviamo la realtà della comunità LGBTQIA+ in medioriente e nelle regioni nordafricane. È indegno che Twitter non stia agendo in fretta per arginare il fenomeno”.
Twitter ha una soglia molto alta quando si parla di contenuti offensivi, e non c’è da stupirsi se qui Fetrah ha avuto l’opportunità di crescere e moltiplicarsi, se consideriamo tutti gli altri contenuti ammessi: video gore, pornografici, violenti e chi più ne ha, più ne metta (non letteralmente).
Diversi altri attivisti per i diritti LGBTQIA si sono mossi per portare alla luce il fenomeno, ma in molti preferiscono rimanere anonimi per ragioni di sicurezza. In Medio Oriente e Nord Africa, la comunità è infatti vulnerabile a reati d’odio anche da parte delle autorità.
“Abbiamo sperimentato un’ondata gigantesca di hate speech verso la comunità LGBTQIA+ nei nostri paesi, aumentata in risposta al Pride Month” – ha dichiarato un’attivista. “Twitter si sta prendendo una responsabilità non indifferente nel lasciare che certi fenomeni accadano. Credo che i moderatori non arrivino a realizzare il contesto in cui Fetrah viene perpetrata, e non siano aperti ad ascoltare le nostre preoccupazioni. È una forma di hate speech particolarmente dannosa e pericolosa per l’incolumità delle persone, da queste parti”.
Anche perché dobbiamo ricordarci che Fetrah non è stata creata da persone qualunque, ma da esperti di marketing che sanno come aggirare il sistema d’intelligenza artificiale di Twitter – che limita l’utilizzo di parole offensive.
Senza una politica concreta contro i linguaggi d’odio sulle piattaforme social, questi fenomeni non possono che proliferare.
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