Firenze, la gioia dei papà adottivi: “Ora i nostri bimbi hanno gli stessi diritti degli altri”

Ieri a due coppie LGBT è stata riconosciuta in Italia l'adozione estera.

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Elena Tebano sul Corriere raccoglie le belle e importanti testimonianze dei papà delle sentenze arrivate ieri dal Tribunale dei minori dei Firenze, sentenze molto importanti, che hanno riconosciuto in Italia l’adozione estera dei bambini delle due coppie.

Abbiamo avuto una buona infanzia, siamo stati fortunati e abbiamo voluto dare le stesse opportunità a dei bambini che hanno avuto un inizio di vita più difficile. Questo provvedimento per noi è fondamentale perché i nostri figli devono avere gli stessi diritti di tutti gli altri e finora non sapevamo cosa potesse succedere ogni volta che entravano in Italia: per lo Stato italiano non erano figli di nessuno“. Carlo (il nome è di fantasia) e il marito sono due quarantenni italiani che vivono da tempo nel Regno Unito e sono, ora ufficialmente anche in Italia, i genitori dei fratellini che hanno adottato.

Io e mio marito stiamo insieme da sempre, 17 anni, e verso la fine del 2012 ci siamo resi conto che la nostra vita era arrivata a una stabilità tale da consentirci di aprirla ad altri. L’adozione è una scelta di genitorialità diversa, che richiede preparazione e che non è per tutti. Per noi il DNA non ha nulla a che fare con l’essere genitori e non abbiamo sentito bisogno di ricorrere alla maternità surrogata quando nel Regno Unito c’era la possibilità di adottare bimbi a cui mancava una famiglia. Qui un’adozione su 10 è fatta da coppie LGBT“.

Carlo e il marito tornano spesso a Firenze e ci tenevano che i bambini avessero la cittadinanza: “Si sentono già italiani, è bene che lo siano anche sulla carta. Così infine entrano anche a pieno titolo nel nostro asse ereditario” aggiunge.

Ieri poche ore dopo la prima sentenze, a sorpresa, è arrivato il bis: gli stessi giudici hanno riconosciuto la status di figlia e la cittadinanza alla bimba adottata da un nostro connazionale che vive a New York con il suo compagno: Marco, economista di 46 anni, da venti residente negli Stati Uniti. A lui e al compagno, un cittadino americano con cui sta insieme da dieci anni, il Tribunale di Firenze ha riconosciuto l’adozione statunitense di una bambina. “Nostra figlia ha vissuto con noi da quando è nata, nel 2014. L’adozione formale è arrivata un anno dopo: sono stati i genitori biologici a sceglierci tra oltre una decina di coppie, come avviene negli Stati Uniti” (un meccanismo raccontato anche dal noto film Juno). Per Marco significa anche la possibilità di poter tornare un giorno in Italia: “Due anni fa mi avevano fatto un offerta di lavoro ma ho risposto di no perché mia figlia nel nostro Paese non avrebbe avuto diritti” dice. Ora finalmente non è più così.

È da quando sono arrivato in America che desidero adottare. Se fossimo stati in Italia sicuramente avremmo fatto una maternità surrogata, perché non c’è l’adozione. Qui per fortuna potevamo scegliere e, dopo aver visto la maggioranza dei nostri amici gay che sono diventati genitori adottivi, per noi è stata una decisione naturale“.

Ma fino all’ultimo non credeva che sarebbe stata riconosciuta anche in Italia: “Non c’erano precedenti, temevo che avrebbero detto di no. Invece è stata un sorpresa bellissima. Se me lo avessero detto quando avevo 17 anni non ci avrei mai creduto: per un ragazzo gay degli anni ’80 sembrava impossibile poter diventare padre“.

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