Ci sono voluti due mesi di indagini, ma alla fine sono stati identificati e arrestati i tre ragazzi, che il 14 luglio scorso hanno picchiato su un autobus a Genova e mandato in coma un barman eterosessuale di 44 anni nel corso di un raid omofobo. Hanno tutti meno di 20 annie incensurati. “Era truccato come un gay, così lo abbiamo massacrato” hanno confessato dopo l’arresto. Denunciate anche due ragazze, una cameriera 20enne e una studentessa 19enne.
Gli arresti
Jurgen Ndrelalaj, 18 anni, Lorenzo Giuliani, 19 anni, e Federico Burlando, 19 anni, sono stati fermati domenica all’alba al rientro da un rave nel Milanese. Dopo alcuni tentennamenti, Ndrelalaj ha confessato ai carabinieri di aver partecipato al pestaggio a sfondo omofobo sul bus di piazza Caricamento: “Aveva il viso truccato come un gay, l’ho picchiato insieme agli altri”, riporta il Tgcom . I tre giovani rischiano fino a 10 anni di carcere.
E’ il racconto agli inquirenti della prima ragazza indagata, alla quali i Carabinieri della compagnia Centro sono arrivati in quasi due mesi di indagini stringendo il cerchio, attraverso l’analisi dei tabulati e delle celle telefoniche agganciate dai cellulari nella zona. Centinaia le persone convocate per essere ascoltate fino a che non sono arrivati a una delle due ragazze. La giovane è stata sentita la scorsa settimana per tre volte. Prima come persona informata dei fatti, poi ha rilasciato spontanee dichiarazioni e infine come indagata.
Il “giallo” del movente omofobo
Rimane ora anche da chiarire perché Marco Comparato, il comandante della compagnia Carabinieri di Genova Centro, ieri si sia ieri affrettato a dichiarare che a scatenare l’aggressione sarebbe stato un complimento rivolto a una delle ragazze del “branco” e non quindi un movente omofobo. “Sono tutti ragazzi normali – hanno dichiarato ieri i Carabinieri, quasi a “minimizzare la vicenda” – qualcuno studia, altri sono in cerca di occupazione. Uno di loro era minorenne all’epoca dei fatti. Messi di fronte alle accuse sono crollati, si sono resi conto della gravità dei fatti”. E’ stata però una delle ragazze, Megi, a negare il movente omofobo. Secondo quanto riferito dalla ragazza in pestaggio sarebbe scaturito da un apprezzamento di troppo rivolto alle due ragazze da parte dell’amico di Luca: “Non mi pare siano partite frasi intolleranti, anche se non mi stupirei”.
Luca, ancora ricoverato a La Spezia, dice che vuole suolo guarire al più presto
Luca ha saputo solamente ieri mattina dell’arresto dei suoi aggressori: è infatti ancora ricoverato in una clinica di La Spezia per riprendersi totalmente tramite sedute di fisioterapia. È stata la compagna Chiara ad informarlo. “Voglio solo guarire – ha dichiarato – e non pensare ad altro. Mi interessa riprendermi e lasciare questa struttura».
Si aggrava la posizione dell’autista
Intanto, si aggrava la posizione di Simone Furfaro, l’autista che era alla guida dell’autobus sul quale Luca è stato picchiato e che non ha fatto nulla per difendere il ragazzo. Furfaro è ora indagato a piede libero. Non è escluso che i familiari del ferito non gli chiedano i danni per non essere intervenuto.
Arcigay si costituisce parte civile
In tutto questo, l’Arcigay Genova “L’Approdo” ha annunciato ieri di volersi costituire parte civile nella vicenda:
Approdo si costituirà parte civile nel processo per l’aggressione del 14 luglio ai danni di un uomo ritenuto gay
https://t.co/rvKnPjeDbk
— Arcigay Genova (@ArcigayApprodo) 22 Settembre 2015
“L’aggressione di una persona ritenuta omosessuale“, afferma Claudio Tosi, Presidente di Approdo Arcigay Genova, “colpisce tutta la comunità gay. Riteniamo quindi fondamentale, in assenza di una legge che parifichi gli atti di violenza omofobica a tutti a quelli di matrice razzista o xenofoba, che la comunità dei cittadini LGBT partecipi al processo, perché sia accertata la verità e siano puniti i colpevoli”.