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Cecenia: costretti a lasciare il Paese i giornalisti russi che hanno denunciato le violenze contro gli omosessuali

Lo ha annunciato in un’intervista rilasciata al Washington Post la giornalista Elena Milashina.

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Abbandoneranno la Russia alcuni dei giornalisti di Novaya Gazeta, il quotidiano che ha raccontato l’inferno di torture e uccisioni toccato alle persone sospettate di essere omosessuali in Cecenia. Lo ha annunciato in un’intervista rilasciata al Washington Post Elena Milashina, giornalista investigativa che tra i primi denunciò le violenze cecene.

Il reportage sulla Cecenia si è trasformato, nel giro di pochi giorni dalla sua pubblicazione, in una polveriera pronta ad a esplodere e da allora la redazione di Novaya Gazeta, il giornale che ha raccontato al mondo gli abusi contro i gay compiuti dalle forze dell’ordine cecene, ha subito minacce ed intimidazioni continue.

A raccontarlo ai microfoni della CNN è Elena Milashina, giornalista d’assalto che in passato ha ricevuto un importante riconoscimento per il suo lavoro dallo Human Rights Watch ed è stata invitata alla Casa Bianca dalla famiglia Obama per ritirare il premio International Women of Courage.

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Elena Milashina

La giornalista aveva già denunciato il clima di terrore con un’intervista esclusiva a HuffPost Italia:“Abbiamo pubblicato l’articolo il primo aprile e il 2 aprile 15.000 religiosi ceceni hanno annunciato la jihad contro i giornalisti che si sono occupati di questa storia. Hanno detto che abbiamo infangato l’onore della Cecenia e del suo popolo dicendo che tra di loro ci sono dei gay, e che dovremmo essere puniti per questo”.

Una situazione incredibile “che ricorda Charlie Hebdo” ha affermato la giornalista che ora ammette “sono costretta a lasciare il paese per la mia incolumità“. Ma la missione giornalistica di Milashina non si ferma: la donna, che ha lavorato fianco a fianco di Anna Politovskaya prima che venisse uccisa a causa delle sue inchieste, continuerà a denunciare i fatti che avvengono in Cecenia: Ho un sacco di fonti e informazioni, posso continuare il lavoro anche a distanza. […] È la reazione più grande che abbiamo avuto da quando raccontiamo ciò che accade in Cecenia. […] Non si tratta di una o due persone ma centinaia. Personalmente posso affermare che le ondate di repressione in Cecenia stanno diventando sempre più grandi e aggressive”.

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Torturati ed uccisi, nelle cinque prigioni segrete cecene, non sono solo le persone LGBT, ma anche i sospettati di aver simpatia verso l’ISIS,  i tossicodipendenti e tutti coloro che non piacciono al leader ceceno di Kadyrov, come conferma Milashina: Questa è una situazione che ricorda la Germania nazista. La gente viene uccisa a causa della propria razza o della sua religione. È un crimine enorme, e sta accadendo adesso in Russia, a pochi passi dell’Europa“.

Novaya Gazeta non è nuova a minacce e intimidazioni: Anna Politovskaya per le sue inchieste sulle Cecenia fu uccisa di fronte al suo appartamento nel 2006 e la stessa sorte toccò a Anastasia Baburova, assassinata nel 2009. L’inchiesta di Novaya è stata considerata un “insulto alla secolare cultura cecena” e “alla dignità dei suoi uomini”: proprio per questo 24 leader religiosi, davanti a 15mila fedeli, hanno invocato atti di vendetta contro i suoi autori, dovunque essi si trovino“.

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