Essere gay è un po’ come essere necrofili. O anche pedofili. E’ la tesi che si legge in un opuscolo distribuito nella parrocchia di San Pio X, nel ricco ed esclusivo quartiere di Albaro, a Genova.
Lo riporta un dettagliato articolo del quotidiano genovese Il Secolo XIX: l’articolo sarebbe stato pubblicato sul numero di ottobre e novembre del bollettino della parrocchia, a pagina 4 e 5. Si legge:
“Che l’omosessualità sia oggettivamente un’aberrazione come la cleptomania, come l’esibizionismo, necrofilia, pedofilia, eccetera, con tutta la comprensione di chi è afflitto da questa situazione, questa non è un’idea ecclesiastica. È una verità che basta il buon senso a riconoscerla”
L’articolo ripropone un intervento dell’arci-conservatore cardinale bolognese Giacomo Biffi, morto a luglio scorso, che aveva pronunciato all’Assemblea dell’Azione Cattolica Bolognese il 27 febbraio 1994, più di vent’anni fa, ricorda il Secolo XIX. Parole dure davanti alle quali si sono sentiti a disagio anche molti parrocchiani. La pubblicazione è stata infatti distribuita in chiesa, al termine della messa e nelle cassette delle lettere di alcuni palazzi.
La replica del parroco. Il parroco della chiesa San Pio X Luciano Minacciolo ha detto di non sapere nulla della vicenda e anzi l’ha smentita: “A me non risulta, nella maniera più assoluta: sicuramente si sono sbagliati di parrocchia – ha dichiarato don Minacciolo, 57 anni, al Secolo XIX – Io non ho mai toccato quest’argomento, tantomeno ho mai consegnato ai miei fedeli materiale che parli di argomenti di questo genere. Ho affrontato spesso argomenti riguardanti la famiglia, ma non in questi termini. Mi dispiace, non so come aiutarvi”.
Ma lo stralcio dell’intervento fa il giro del web, fotografato durante una messa con un telefonino: un tam-tam che passa di cellulare in cellulare, da una bacheca di Whatsapp all’altra. E finisce nelle mani di un attivista genovese di Arcigay: «Come si può paragonare l’omosessualità alla necrofilia?», sgrana gli occhi Stefano Musso, che per primo si è presentato davanti al sindaco Doria per il riconoscimento della propria unione con il compagno Giovanni Fantoni.
«Non mi risulta proprio, davvero – chiude la discussione don Luciano – Guardi, ora sono molto impegnato e devo andare. Grazie, arrivederci».
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