A inizio 2021 l’Istat ha dato il via ad un’indagine sulle discriminazioni LGBT nel posto di lavoro, concentrandosi unicamente su persone che si sono unite civilmente (o che lo sono state in passato), con risultati scioccanti: una persona LGBT+ su tre in Italia è discriminata.
Ora l’Istat rilancia con un’altra indagine sulle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT+ ma non in unione civile (QUI il link per accedervi). Una ricerca che l’Istituto nazionale di statistica (Istat) realizza in collaborazione con l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), nell’ambito di un progetto di ricerca che prevede la realizzazione di più indagini rivolte a diversi target di popolazione LGBT+ (persone in unione civile, persone non in unione civile, persone transgender). Il Circolo di Cultura Omosessuale “Mario Mieli” di Roma ha invitato tutti a parteciparvi. La prima parte dell’indagine di riferisce al coming out, all’età in cui è stato fatto e con chi è stato fatto, per poi passare alla condizione lavorativa in essere, alle esperienze vissute a scuola e all’università, all’eventuale discriminazione subita.
Come detto, l’indagine in corso è rivolta alle persone omosessuali e bisessuali maggiorenni che non sono in unione civile, né lo sono state in passato, e che vivono abitualmente in Italia. Con la primissima indagine, rivolta solo alle persone unite civilmente, è emerso che sei persone LGBTQ+ su dieci hanno vissuto una micro-aggressione sul posto di lavoro. Per micro-aggressione si intendono brevi scambi ripetuti e denigratori, sottili insulti diretti in modo automatico o inconscio. Una persona su cinque ha affermato di aver vissuto almeno una situazione di clima ostile o aggressione nel proprio ambiente di lavoro, mentre il 46,9% di persone omosessuali o bisessuali ha dichiarato di aver subito almeno un evento di discriminazione a scuola/università.
Parlando di situazioni estranee al mondo del lavoro, il 38,2% delle persone omosessuali o bisessuali (che, ricordiamo, si sono attualmente o in passato definite ad Istat come facenti parte di un’unione civile) ha dichiarato di aver subito almeno un episodio di discriminazione in altri contesti di vita (ricerca casa, rapporti di vicinato, fruizione servizi socio-sanitari, uffici pubblici uffici pubblici, mezzi di trasporto negozi o altri locali), per motivi legati al proprio orientamento sessuale.
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