Da Gay.it alla copertina di Vanity Fair. Ascesa di Jonathan Bazzi, scrittore che ha scardinato e sta scardinando cliché e le incrostazioni di un mondo fondato sul patriarcato del maschio cisgender eterosessuale bianco.
Senza mai snobbare il mainstream, Jonathan accetta le lusinghe del glamouroso mondo della moda, e anzi partecipa attivamente alle dirompenti possibilità che la comunicazione di massa offre oggi alle comunità rimaste per tanto – troppo – tempo ai margini della conversazione e della rappresentazione pubblica. Il suo romanzo Febbre ha avuto grandissimo successo, sarà tradotto in più lingue e oggetto di un film. Ad esso è seguito l’acclamato Corpi Minori, Jonathan ce ne ha parlato qui (VIDEO).
Jonathan Bazzi si affacciò al grande pubblico dalle pagine di Gay.it – ecco i suoi articoli – con cui ha collaborato per circa tre anni. Il suo storico coming out come persona HIV positiva fu un sasso nello stagno dello stigma per l’HIV dalle pagine di Gay.it e la premessa del suo formidabile “Febbre”.
Il progetto del direttore di Vanity Fair Simone Marchetti guarda lontano. “Per tre numeri – si legge nel post di Bazzi – nei nostri servizi fotografici di moda vi porteremo alla scoperta dei talenti che stanno cambiando il fashion system.”
Le foto sono di Giampaolo Sgura, il fotografo delle celebrities worldwide, che ha collaborato con i più grandi marchi al mondo e collezionato decine di copertine di Vogue. Qui vi avevamo parlato dei ritratti di Sgura a Blanco che spernacchia e stira. Qui invece vi avevamo mostrato alcune foto di nudi maschili ritratti da Sgura.
Lo styling delle foto è di Anna Dello Russo, già fashion editor di Vogue Italia, direttrice di Vogue Giappone e regina indiscussa della moda mondiale. Dello Russo qualche mese fa aveva aveva spiegato ai microfoni di Gay.it: “Io sono nata con il genderless”. Qui l’intervista video.
La serie di ritratti allestita da Vanity Fair per i tre numeri si propone di non usare mai le parole: “nuova” e “generazione”. L’intento di Marchetti è di parlare di “community”.
“Una comunità che non conosce età, provenienze, colore della pelle, genere, cliché e pregiudizi. Sono tutti talenti post-digitali, rappresentano una fuga di cervelli al contrario (tornano spesso in Italia o comunque in Italia lavorano tantissimo) e sono in grado di farci riflettere su quello che abbiamo bisogno di conoscere ma non sappiamo ancora di non conoscere”.
Nella caption a corredo della cover di Vanity, lo scrittore italiano commenta con un ironico “Damerinə” l’abito formale di Fendi scelto per lui da Anna Dello Russo. (gf)
© Riproduzione Riservata
Visualizza questo post su Instagram