Quando parliamo di rappresentazione nei media ogni progresso necessita altri dieci passi avanti per soddisfare davvero chiunque.
La narrazione è dominata da anni dallo stesso identico sguardo – etero, cis, normopeso, abile, e bianco – che consideriamo ogni novità qualcosa di rivoluzionario, ma la strada da fare è ancora lunga.
Una recente ricerca tenuta su LGBTQ Nation nota che ampia parte dei film o le serie tv danno spazio esclusivamente a uomini gay con corpi perfettamente conformi agli standard: da cult come Call Me By Your Name o Brokeback Mountain a serie super acclamate come Love,Victor o Heartstopper, i protagonisti sono solo twink o fusti muscolosi.
Se le persone transgender, lesbiche, o bisessuali son spesso ai margini, un’altra categoria demografica di cui non esiste traccia sono le persone grasse.
Gli orsi gay, o bear, non esistono al cinema o nella tv, o in caso contrario, vengono ridotti a macchiette monodimensionali.
“Hollywood in generale, anche fuori la comunità LGBTQIA+, è molto grassofobica. Devono rendere le persone gay appetibili per il pubblico etero. L’amore queer deve apparire grazioso.” spiega a LGBTQ Nation il musicista e attore Chandler Matkins.
Secondo Jason Whitesel (autore del saggio Fat Gay Men: Girth, Mirth, and the Political Stigma) anche all’interno del mondo queer, gli uomini grassi sono sempre raccontati e osservati secondo i bias interiorizzati (e non) delle persone normopeso (per esempio, Cam Tucker, personaggio di Modern Family interpretato da Eric Stonestreet, rappresentato secondo il cliché del “gay flamboyant“).
Come nel caso del ‘migliore amico gay’ nel cinema anni Novanta o dei primi anni Duemila, gli orsi non sono personaggi tridimensionali con un’umanità, ma un tropo inserito nella storia appositamente per colmare il buco.
In caso contrario, abbiamo casi come The Whale, ultima film di Darren Aronofsky, che non solo fa indossare a Brendan Fraser una tuta per apparire ‘più grasso’, ma racconta di nuovo le persone obese come patetiche, disperate, e artefici del loro tragico destino, disumanizzandole ancora una volta.
Un problema sistemico che si collega a dei limiti che l’industria cinematografica e televisiva ancora esista a superare: nonostante i progressi, nel 2019 solo il 10% dei personaggi televisivi son queer, e malapena 38 fanno parte della comunità transgender.
Seppur nel 2022 siano aumentati del 92%, di personaggi grassi e queer non c’è traccia.
Come evidenzia l’articolo, i dati alla mano si riflettono anche fuori dallo schermo: “Gli uomini riportano che con alte probability gli uomini sovrappeso vengono stupidamente ignorati, trattati male, o presi in giro dietro le spalle se si approcciano ad un potenziale partner” scrivono le scrittrici Olivia Foster Gimbel e Renee Engeln nel libro Fat Chance! Experiences and expectations of antifat bias in the gay male community, notando che la formamentis ‘anti-fat’ è radicata all’interno della comunità stessa.
Secondo Patrick Mcgrady – che ha gestito il report Sexuality and Larger Bodies: Gay Men’s Experience of and Resistance Against Weight and Sexual Orientation Stigma – gli effetti collaterali hanno serie ricadute sulla salute mentale di molti uomini gay che vedono la loro esistenza associata solo a “pregiudizio, discriminazione, e autovalutazioni negative”.
Tuttavia, non mancano esempi positivi: come il caso di Daniel Franzese che nell’acclamata serie HBO Looking, interpreta un bear sieropositivo che si spoglia senza remore davanti lo schermo e con una dimensione interiore che va ben oltre i cliché: “Franzese è molto più della ‘spalla comica'” spiega Whitesel, evidenziando come le possibilità di raccontare gli uomini grassi sullo schermo sono infinite: “Semplicemente non rispecchiano i gusti dei media gay mainstream”.
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