Scusate una domanda: A o P? Io P, come la pietà che vi chiedo. Giuro che, avessi potuto, avrei scelto una via più semplice o una cavità meno tortuosa. Eppure la natura mi ha dato questa croce e, per quanto non sempre sia una passeggiatina all’aria aperta, posso dire che mi piace.
Certo, già la parola non si presenta bene: passivo, che sul vocabolario sta per “generalmente assenza di reazione da parte del soggetto”. Passività, reagire passivamente alla vita, e anche con l’inglese non ce la passiamo meglio: bottom, che è il posteriore, ma anche inferiore, basso, in fondo, peggiore.
È forse per questo che i gay – creature mitologiche in grado di fare dieci passi in avanti sulla scala dell’evoluzione e allo stesso tempo altri sette indietro nelle interazioni sociali – prendono tanto in giro chi è passivo.
“Non fare la passiva” è la frase preferita dal membro più problematico della vostra cricca.
Perché accoglierlo tra le natiche prevede quindi molte più implicazioni del previsto: intanto quando sei passiva ti converti al femminile universale. Non fraintendetemi, potete chiamarmi al femminile quanto volete – ironicamente e non – a me fa solo piacere. Ma “fare la passiva” parte dal presupposto preciso che femminile significa anche remissiva, piegata (letteralmente) alle circostanze, succube, in balia dell’altro.
Se lo prendi sei quindi la femmina guidata dal maschio che detiene il potere.
Non tutti gli attivi, ma un buon numero di attivi, cresce con questa convinzione che penetrare assicuri già buona parte del lavoro, e non è del tutto colpa loro: siamo un po’ tutt* reduci della stessa società fallocentrica dove chi usa il cazzo è più forte. D’altra parte, ci sono passivi che vogliono tanto sfuggire alla categoria, da ribadire la loro mascolinità a caratteri cubitali e luci al neon, confinando la cerchia d’incontri esclusivamente a uomini “maschi” come loro, in modo da non inclinare gli equilibri e rovinare la recita. Si dice che così, il terzo giorno Dio creò i MASCxMASC.
Ma mettiamo per un attimo da parte tutti i retaggi e stereotipi del caso, e soffermiamoci direttamente sui fatti concreti: fare le passive non è un’attività per persone deboli, anche solo fisiologicamente. Fare le passive richiede, nel migliore dei casi, respiri lunghi e riscaldamento muscolare e, nel peggiore, una toletta accurata almeno quindici minuti prima, accompagnata da un’alimentazione controllata se soffrite di colite. Molti attivi rabbrividiscono all’idea di essere passivi, perché sanno molto bene che nel nostro caso non è sufficiente infilarlo nel primo orifizio per considerarsi degli eroi.
Ci sono anche attivi che sembrano aver confuso il sesso anale con la necrofilia: nulla di male a dominare, ma molti ti vorrebbero spalmato lì sotto come un tappetino agopressione, possibilmente silenzioso, e con il pene come strumento superfluo. Ricordo che una volta un ragazzo ha fermato il passo a due per chiedermi: “sei solo passivo o ti piace anche fartelo succhiare?”. Succede, in generale, tutte le volte che vorrei ricevere del sesso orale che qualcuno cade dal pero e mi chiede se sono sicuro di non essere attivo. L’ipotesi che tu possa essere passivo e al contempo tenere controllo del timone, guidare l’amplesso, e occasionalmente dominare anche tu la navigazione non è contemplata e, se succede, sicuramente significa che non sei davvero così passivo. Perché i passivi sono dei fiorellini delicati da piegare a comando.
Nemmeno la rappresentazione al cinema o nelle serie TV aiuta > Leggi qui
Non è un problema solo di uomini gay, ma di ego maschile facilmente smontabile: questa mia amica mi racconta che durante l’amplesso un ragazzo si è sentito intimorito perché lei aveva “troppa verve”, e si muoveva così tanto durante la penetrazione da “deconcentrarlo”. Alcuni uomini sono così dipendenti dall’asta che issano tra le gambe, da riversarci sopra buona parte delle loro sicurezze, che sono tuttavia sostenute da una base talmente fragile, che basta un cambio di scenario per farle crollare a terra.
Il sesso, quindi, non è più una danza che si fa in due, scambiando i turni e coreografandosi a vicenda sulla stessa pista, ma il solito gioco di potere dove chi usa il cazzo decide e chi lo prende accoglie senza chiedere. Cos’altro dovresti chiedere? Nel cazzo c’è già tutto quello che desideri, no?
Perché gli uomini gay – rullo di tamburi – sono sempre uomini, soprattutto se bianchi, abili, e cisgender. Tutto quello che sanno sul sesso non l’hanno scoperto su una nuvoletta, ma attraverso lo stesso sistema patriarcale che vuole almeno un maschio al comando, e se nella coppia ci sono due uomini, quello che si mette a pecora cede la corona.
Ci saranno altre mille motivazioni per cui le battute sui passivi sono frutto di retaggi culturali che abbiamo interiorizzato senza accorgercene, ed io non saprò mai argomentarle tutte in un solo articolo: ma quando quell’amico problematico vi dice “di non fare le passive” ditegli che è una battuta di merda. Fatelo perché la data sul calendario non segna più il 1999 e vorrei tanto che almeno prenderlo al culo non diventasse un atto politico.