Si chiama Azad, ma il nome è falso perché la Norvegia non consente di conoscere i veri nomi dei gay che vengono deportati. Azad, appunto, è gay ha 33 anni e vive ad Oslo con il proprio compagno con cui ha instaurato una relazione dopo essere scappato dall’Iraq, paese in cui gay e lesbiche vengono perseguitati e spesso uccisi brutalmente, nel 2006.
Adesso Azad rischia l’espulsione dalla Norvegia perché l’Alta Corte di Oslo ha respinto la sua domanda di asilo politico con la motivazione che Azad è curdo e nel nord dell’Iraq gli omosessuali non rischiano la vita come nel resto del Paese. Secondo la corte, è sufficiente che Azad non dichiari il proprio orientamento sessuale per non essere perseguitato.
"Il mio clan mi ucciderà – ha detto Azad in un’intervista alla Norwegian Broadcasting Corporation (NRK) – in Iraq i gay e le lesbiche non possono vivere apertamente".
"Se lo rimpatriano – ha detto Arne Henriksen, il compagno di Azad – io lo seguirò. Nella mia famiglia siamo testardi e non ci arrendiamo facilmente". La coppia si rivolgerà adesso alla Corte Suprema nella speranza che ribalti la sentenza già emessa. Azad non è il primo gay straniero ad essere rimpatriato dalla Norvegia verso paesi in cui rischiano la morte. Secondo le autorità norvegesi, è sufficiente viverecon discrezione perché i rischi per la vita svaniscano. "Almeno 600 omosessuali sono stati attaccati e uccisi dal 2003 ad oggi in Iraq – denuncia EveryOne – e spesso dopo torture crudeli come la pratica che prevede di inserire nell’ano della persona gay una potente colla per sigillarlo, dopodiché all’uomo viene somministrato un lassativo in modo da ottenere una morte molto dolorosa. Per le organizzazioni dei diritti delle persone LGBT l’Iraq è al momento uno dei posti dove la persecuzione degli omosessuali è più diffusa e brutale". Per questo l’associazione ha lanciato un appello a sovrano della Norvegia, re Harald V perché intervenga presso il governo e lo convinca a concedere l’asilo ad Azad.
Per l’asilo politico al giovane iracheno si è mobilitata anche l’associazione Certi Diritti che rivolge un appello anche a al Comitato del Premio Nobel per la pace di Oslo, gli Alti Commissari Onu per i Rifugiati e i Diritti Umani e il Commissario Ue per i Diritti Umani. Con una lettera, l’associazione radicale chiede che "se l’atteggiamento ostile al ragazzo e lesivo del suo diritto alla libertà e alla vita dovesse essere mantenuto dalle autorità norvegesi, chiediamo che si mettano in atto procedure umanitarie affinché venga accolto in un altro paese dell’Unione europea, in deroga umanitaria agli accordi di Dublino".
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