La Lagos Fashion Week è uno degli eventi di punta della Nigeria e tra i principali traini dell’industria della moda africana, che si propone di “aprire la strada con iniziative che supportano, rafforzano e sviluppano l’industria della moda”. L’evento raccoglie ogni anno l’attenzione mondiale e visitatori da molteplici Paesi che, anche solo recentemente, hanno iniziato a rivalutare la moda e i designer provenienti dall’Africa.
Quest’anno, tuttavia, si è trattato di un’edizione particolare. Tra i designer che hanno fatto sfilare i loro capi e collezioni, ce ne sono alcunə che hanno sfidato la particolare situazione politica della Nigeria. Sulle sfilate di Lagos sono comparsi infatti look androgini, indossati da modelle e modelli tra cui, per la prima volta, ha fatto parte anche una donna trans* nigeriana.
La cosa non è per niente scontata, dato che in Nigeria l’omosessualità è ancora illegale e punibile fino a 14 anni di prigione o, in alcuni casi, con la pena di morte. L’estremo sentire conservatore della società nigeriana vorrebbe che anche nella moda ci sia un certo gusto tendente al binarismo di genere, se non altro per non incappare in problemi con le autorità locali e le leggi statali. Quattro designer, invece, hanno optato comunque per mostrare i loro look androgini e spingere i loro limiti, facendo così partire una nuova discussione che, si spera, possa andare lontano.
I quattro brand che si sono lanciati nell’impresa sono “Bloke”, “Oshobor”, “Lagos Space Programme” e “Olissa Kenia”. Si tratta di quattro firme fondate da designer di origini africane, due delle quali proprio di Lagos, e la loro innovazione è quella di iniziare una nuova conversazione sui corpi e sui capi che indossano.
“Bloke” (@bloke_ng) è stata fondata proprio a Lagos da Faith Oluwajimi, che durante la Fashion Week ha presentato la collezione “A Polaroid Named Camouflage”, ispirata ai colori e alle tradizioni dei vari Paesi che ha visitato. Uno stile molto urban che combina forme morbide e capi molto larghi, seguendo anche un certo gusto della moda attuale, e che non conosce distinzione tra “vestiti femminili” e “abiti maschili.
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Altro progetto nato nella stessa città è il “Lagos Space Programme” (@lagosspaceprogramme), esperimento del designer non binario Thompson Adeju. “Project 7” è il titolo della nuova collezione presentata, ispirata alla cultura Yoruba. Adeju ha inserito nel progetto tutto ciò che lo rende sé stesso, incorporando allo stesso tempo i due elementi che spesso sono invece in disaccordo: la sua sessualità e la sua eredità africana. La tradizione si mescola quindi con il nuovo, dando vita a un prodotto artistico che va davvero oltre i confini di genere.
Akoth Otieno è invece il creatore di “Olissa Kenia” (@olisakenya) e della collezione “Mwanzo” presentata alla Lagos Fashion Week. “Olissa Kenia” è un marchio che, nelle intenzioni del suo fondatore, produce capi unisex e, come ha raccontato Otieno in un’intervista, rappresenta: «dove il nostro passato, presente e futuro si scontrano in movimento. Mwanzo sta cercando di gettare le basi per la casa che intendiamo costruire. Per questo ci siamo concentrati sull’innovazione piuttosto che sulla novità. […] Le sagome sono volutamente impenitenti, e metà è perché siamo cresciuti negli ultimi due anni, dove ora abbracciamo il nostro potere».
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Infine “Oshobor” (@peteroshobor), il brand di Peter Dawn Oshobor, è dichiaratamente un marchio androgino che alla Fashion Week ha mostrato “Na Man You Be”, una collezione in tre pezzi che sfida apertamente la mascolinità della tradizione africana. Nel dialetto locale, il titolo significa “You’re a man”, “Tu sei un uomo”, e il riferimento vuole riflettere il rapporto tra padri e figli. Oshobor ha dichiarato: «I padri sono i modelli di mascolinità per i figli. La loro relazione, specialmente all’interno dell’Africa tradizionale, sebbene solida, di solito manca di espressioni ed emozioni. La mia ispirazione non riguarda solo la mascolinità, ma la mascolinità nel contesto africano. Pertanto, mi concentro su abiti in voga con un tocco africano, per enfatizzare l’afrocentricità dell’arte e la sua ispirazione».
Corpi che sfidano le norme di genere, la tradizione e la mascolinità – principalmente tossica – per reinventarli e parlare un linguaggio nuovo, più inclusivo, deciso a non nascondersi e disposto a sfidare apertamente chi vorrebbe invece eliminarli. La Lagos Fashion Week quest’anno è stata davvero sinonimo di innovazione e di coraggio, attraverso l’arte di quattro designer che hanno fatto della moda, e dei loro capi, un gesto di ribellione e protesta.
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