Un altro weekend a tinte omofobe, quello vissuto in Italia. Dopo quanto accaduto a Catanzaro ai danni di una donna lesbica, l’ultima denuncia arriva da un piccolo comune della provincia di Monza e della Brianza. Alessio Moranda, 34 anni, ci ha raccontato quanto capitato a lui e al suo fidanzato sabato 22 maggio, nel parcheggio sotto casa, con il vicino che abita ad una porta di distanza dal loro appartamento.
Il soggetto in questione è arrivato a vivere nel condominio a dicembre 2020 e da subito ha iniziato a provocare con frasi, insulti, gesti (ombrello, dita, “suca”) e io ho sempre evitato di raccogliere le provocazioni. Anche sabato la situazione è iniziata con una serie di insulti “fai schifo, devi morire, devi sparire… la tua famiglia, tua madre… non dovevano metterti al mondo… tua sorella..” ne aveva per tutti. Io come avevo già fatto in passato gli ho risposto che se aveva problemi di relazione con il prossimo potevo consigliare dei nomi di bravi psicologi. A quel punto senza mascherina mi è venuto contro, gli ho chiesto di allontanarsi. L’ha fatto per poi girarsi e prendendomi alla sprovvista scagliarsi contro di me. È intervenuto il mio compagno e poi anche altri condomini che erano presenti nel parcheggio del palazzo. Sono stato preso a botte, schiaffi e pugni, oltre ad essere stato aggredito verbalmente. Sono per la prima volta nella mia vita impaurito per qualcosa che non ho ostentato nè provocato. Semplicemente uscivo di casa con il mio compagno per andare a lavorare. Non era la prima volta che venivo/venivamo puntati e presi di mira. Gesti, insulti, allusioni e provocazioni. Ma sempre “limitate” all’odio espresso a parole.
Quel che è accaduto nel fine settimana è stato invece diverso, perchè “qualcosa è scattato nella testa del soggetto omofobo e si è scaraventato contro di me prima, e sul mio compagno poi senza alcun motivo ed a titolo completamente gratuito”. Alessio e il fidanzato hanno ‘preteso’ l’intervento delle forze dell’ordine, chiamando i carabinieri al 112, ma al loro arrivo si è sentito rispondere ciò che mai avrebbe potuto immaginare: “non hanno svolto chissà quale ruolo di tutela del cittadino e anzi mi sono preso una ramanzina in quanto queste sono “scaramucce da ragazzini quattordicenni””. “Siccome hanno sminuito la questione, ho scelto di procedere entro 90 giorni con la querela. Ho proseguito con il referto del pronto soccorso in modo da avere una certificazione ufficiale delle contusioni”.
Alessio e il fidanzato si sono infatti recati al pronto soccorso, dove hanno ricevuto una prognosi di 5 giorni. “Sia io che il mio partner. Siamo per fortuna due ragazzoni ben robusti e anche l’intervento di alcuni passanti ha ridotto di molto il danno. Ma il danno ahimè c’è anche se “contenuto””.
Ad aiutare i due fidanzati alcuni vicini di casa, che hanno trascinato via l’omofobo. “C’è anche chi ha fatto finta di non vedere ed è corso a nascondersi in casa, oppure chi, come nel caso della moglie del soggetto, ha seguito la scena dal terrazzo per poi chiudersi in casa. Devo ringraziare tutti i miei vicini che mi hanno dato subito soccorso e sostegno“.
Una denuncia pubblica, quella del 34enne, pensata unicamente per far capire “quanta violenza si nasconde nella quotidianità e quante volte si viene ostacolati dalle proprie paure (anche io le ho. Anche di uscire di casa, adesso!) oppure ostacolati dalle autorità. Non mi piace dover avere paura di essere me stesso. Sorridere alla vita e camminare liberamente a testa alta per la strada, senza dover temere per la mia incolumità. Ci serve una legge a tutela di questo. Il tempo è scaduto”.
Una legge chiamata DDL Zan, da oggi di nuovo in commissione giustizia al Senato. Perché l’omotransfobia è un dramma quotidiano per migliaia di italiani, checché ne dicano il Vaticano e la destra nazionale.