Nel suo blog pubblicato sull’Huffington Post, Nichi Vendola parla del ddl Zan, del suo prossimo approdo in aula, ma anche degli ostacoli che questa legge affronta dal primo momento in cui è sbarcata in commissione Giustizia alla Camera, all’epoca del Conte bis.
Senza citarlo, tira in ballo Matteo Renzi e la mediazione che i senatori di Italia Viva stanno cercando di portare avanti, con il benestare (paradossale) della destra più conservatrice. Ma non è solo Iv, ovviamente, a chiedere il “compromesso” per arrivare all’approvazione del testo.
Non appena dalla politica arriva qualche timido tentativo di avanzare su un percorso progressista, molto spesso con grave ritardo rispetto alle evoluzioni della società, c’è qualcuno che chiede un compromesso, che dice che dall’altra parte ci sono “rigidità ideologiche”.
Peccato che il compromesso proposto sia sempre al ribasso: basti pensare alla legge sulle unioni civili nel nostro Paese, infinitamente più arretrata rispetto a tante altre parti del mondo.
È il Parlamento, spiega Nichi Vendola, ad avere paura di votare una legge. O meglio, questa legge. Nel frattempo, personaggi dello spettacolo, della cultura, improbabili politici e grandi marchi dimostrano il loro sostegno:
Siamo arrivati all’incredibile paradosso per cui le multinazionali, orientate al profitto, non hanno più paura a prendere posizioni sulle questioni di genere, mentre il Parlamento italiano, che dovrebbe essere orientato al bene comune, balbetta.
Nichi Vendola: identità di genere? Realtà, non ideologia
Ma per l’ex governatore della Puglia e deputato (fino al 2013), di questa legge tutto si può criticare (se si è contrari al testo), ma non si può mettere in discussione l’identità di genere.
Non si parla di ideologia, ma di una realtà che porta ogni persona a riconoscersi in se stessi:
L’identità di genere non è una ideologia, una costruzione letteraria o una superfetazione delle teorie queer, ma è la realtà con cui ognun* si confronta, talvolta è una identità fluida o in transizione, magari non riconducibile alle classificazioni di un modello binario di maschile e femminile per come si è imposto in una parte del mondo: queste identità spurie sono state sempre colpevolizzate, criminalizzate, bullizzate, internate, ospedalizzate, discriminate.
E una critica a tutti coloro che oggi attaccano il ddl Zan:
Chi oggi vuole cancellare il concetto di identità di genere dalla legge Zan non vuole semplicemente rivedere una definizione, ma cancellare un pezzo di umanità.