Mentre ci battiamo per la difesa delle carriere alias – in modo da permettere a tuttə lə studentə di essere chiamatə con pronomi e nome adeguato – l’urgenza di un ambiente scolastico sicuro e sensibilizzato, coinvolge anche il corpo docente.
Come nel caso di Sole Greco, prof d’inglese 32enne e non binary, che dopo quattro anni d’insegnamento presso la scuola superiore di Trieste, lascia la cattedra. L’effetto collaterale degli innumerevoli commenti omobitransfobici che Sole si è trascinato (ad oggi riporta che preferisce mantenere i pronomi maschili) dietro per fin troppo tempo, finché non ha detto basta.
Commenti non iniziati subito, racconta, ma appena ha sentito l’esigenze di esprimere la sua femminilità.
Se all’inizio credeva di ‘ingigantire’ la questione, Greco si è gradualmente reso conto che le risatine e i commenti indesiderati – anche tra colleghi – erano ormai diventati parte della sua quotidianità: “ La violenza più grande che ho subito, e per questo ho lasciato la città, è il fatto di essermi convinto che meritavo quelle occhiate” dichiara “Ancora adesso sto lavorando su me stesso per capire che non merito tutto questo”.
Greco racconta di persone che ridono dietro e poi abbassano lo sguardo, e di provocazioni che diventano quasi un affronto, in attesa di una sua reazione: “Quando li guardavo, come a dimostrare che non avevo paura, rischiavo lo scontro fisico” riporta, evidenziando come la società ancora si aspetta che le persone LGBTQIA+ siano agnellini indifesi.
Oggi Sole Greco lascia Trieste non come attacco alla città, ma per segnalare un problema che riguarda tutto il nostro paese (salva solo Bologna), ma continuiamo a non tutelare come meriterebbe. “È una scelta che in principio molti non hanno compreso, ma ho dovuto farlo” dice “Perché oltre al lavoro abbiamo una vita, una sfera privata e sociale, e bisogna stare in armonia col mondo. La mia pace interiore l’avevo ormai persa e non aveva senso tornare a lavoro quest’anno”.
Tornato a Lecce, Greco si circonda della famiglia, gli amici più cari, e una realtà queer viva e palpabile, mentre continua ad accogliere la propria identità con i suoi tempi e senza pressioni esterne. Sole spiega che essere transgender nel 2023 significa anche confondere le idee, distruggere gli schemi, e non tutti sono disposti a farlo.
Ma specifica che non c’è nessun capriccio, ma il genuino bisogno di essere riconosciutə, a partire dall’espressione di sé che gioca un ruolo importante: “Il make up non è un ornamento, io quando metto il mascara guardo il mondo con occhi diversi” dice Greco “La moda non è un capriccio, è rivoluzione, perché può portare al riconoscimento di tutti”.
È una lotta continua, ma Sole Greco promette di non farsi schiacciare: “È una promessa di non spegnere mai più quella luce che dentro di me ho, e non voglio più perdere per nessuno”.