A meno di venti giorni dall’avvio della Coppa del Mondo 2022 in Qatar, il mondo assiste con incredulità a ciò che accade in un paese che mette a rischio la stessa sopravvivenza della comunità LGBTQIA+ nel proprio territorio.
Le operazioni di “pulizia” da parte delle autorità sono aumentate negli ultimi mesi, unite ai tentativi di insabbiare la vera condizione delle persone LGBTQIA+ in Qatar.
L’ultima arriva dalla testimonianza di Ali, un uomo omosessuale che nelle scorse settimane è stato violentato e poi arrestato da alcuni agenti di polizia prima di essere deportato nel suo paese di origine. Ali si era trasferito a Doha dopo la morte del padre nelle filippine, sperando in un nuovo inizio.
Dopo il suo trasferimento, Ali si era iscritto a diverse app d’incontri, facendo sempre attenzione a non farsi scoprire dalla polizia perché – com’è noto – l’omosessualità in Qatar è illegale e punibile con l’incarcerazione e, nei casi più estremi, la pena di morte.
Tuttavia, nonostante l’accortezza, purtroppo è impossibile sfuggire alle pratiche disumane messe in atto dalla polizia. Spesso, i detenuti omosessuali vengono torturati fino a fargli confessare i nomi delle persone con cui hanno avuto rapporti. Ed è così che l’online dating diventa un gioco pericoloso.
La sera del suo arresto, Ali si era infatti messo d’accordo con quello che credeva essere un potenziale partner per incontrarsi in un albergo. Qui, però, l’uomo avrebbe trovato ad aspettarlo sei agenti di polizia Qatarese.
“Lo hanno catturato subito, non ha opposto resistenza perché sarebbe stato inutile” ha spiegato un amico di Ali alla stampa. Ali ha pensato addirittura, per un momento, di lanciarsi dalla finestra per provare a scappare.
“Volevo davvero saltare giù, ma non potevo, il palazzo era troppo alto ed ero circondato” racconta Ali. “Mi hanno catturato e buttato sul letto. Poi, mi hanno violentato”.
Gli ufficiali hanno sequestrato il suo telefono, facendo screenshot a tutte le conversazioni che Ali aveva intrattenuto con altri uomini omosessuali – compresa l’ultima “esca”, un uomo turco. I reati imputabili a Ali sono prostituzione e omosessualità.
Dopo una notte passata in cella, Ali è stato portato all’ufficio immigrazione per poi essere deportato nuovamente nelle Filippine. E, per quanto la sua storia sia straziante, poteva andare molto peggio: le storie di detenuti omosessuali che muoiono nelle celle qatarine sono tante, e molte vengono insabbiate.
“Ciò che mi è successo mi ha causato un trauma profondo, che non credo riuscirò mai a superare” ha concluso Ali.
Boicottaggio di massa per la Coppa del Mondo in Qatar
Questa è una delle tante storie che mostrano il volto oscuro del Qatar verso chi non aderisce perfettamente agli standard eteronormativi.
In questo articolo avevamo riflettuto sulle opportunità che la Coppa del Mondo offre per dare visibilità a storie come quella di Ali.
Si pensi infatti a cosa significherà per il mondo intero e per lo stesso Qatar vedere che i giocatori scozzesi potranno pubblicamente parlare di diritti LGBTQIA+ e indossare la fascia rainbow “One Love”.
Resta il fatto che il target principale delle autorità qatarine sono uomini gay e persone transgender, anche turisti, come nel caso di Luxy, un polacco ai tempi diciottenne anni detenuto nelle prigioni Qataresi per oltre 60 giorni nel 2016.
“Continuavano a dirmi che ero una prostituta, che avevo una famiglia infame e ridevano delle mie foto su Instagram” – aveva raccontato Luxy. “Mi dissero che era stato un ragazzo del Qatar a segnalarmi per arrestarmi”.
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