Il Qatar ospiterà il Campionato Mondiale di Calcio 2022, mostrando un’apertura alla comunità LGBTQ+ che è tutta di facciata. In molti, tra fan e semplici turisti non si fidano infatti a visitare il paese. La ragione è ovvia: le leggi anti-LGBTQ+ che puniscono chi mostra un’identità di genere e un orientamento sessuale diverso dall’eteronormatività.
Nasser Al Khater, a capo del comitato organizzatore del Campionato, insiste sul fatto che il Qatar abbia subito un trattamento ingiusto dal giorno in cui il paese si è aggiudicato la selezione come ospite, 11 anni fa.
“Siamo ben consapevoli che la Coppa del Mondo porti con sé un certo livello di controllo su questi temi” ha dichiarato Al Khater. “Ma se questo farà da catalizzatore per un cambiamento futuro, saremo solo contenti”
Tra le recenti critiche mosse alla Coppa del Mondo di quest’anno – la prima a tenersi nei paesi Arabi, c’è quella di Josh Cavallo, l’unico calciatore d’elite che ha fatto coming out ufficialmente. Cavallo ha infatti dichiarato di non sentirsi al sicuro a giocare in un paese dove l’omosessualità è illegale e punibile con tre anni di carcere.
Questo non è sicuramente il primo caso in cui legislazioni anti-LGBTQ+ sono state motivo di preoccupazione in ambito calcistico. Già nella partita tra Germania e Ungheria, nello stadio di Monaco, si era accesa una polemica dopo che il comitato organizzativo Monegasco aveva illuminato lo stadio arcobaleno per sfidare il presidente Orban e le sue legislazioni anti-LGBTQ+.
La legislazione anti LGBTQ+ in Qatar
La decisione di dare al Qatar il compito di organizzare e ospitare la Coppa del Mondo FIFA 2022 è stata aspramente criticata a causa delle diverse violazioni in materia di diritti umani – sia in ambito LGBTQ+ che non. E mentre David Beckam diventa il volto dei mondiali in Qatar – alla faccia del suo status d’icona per la comunità LGBTQ+ – il paese sta operando un rainbow washing spietato che però non riesce a nascondere i true colors del Codice Penale qatarese contro l’omosessualità.
Tuttavia, nell’ottica di ospitare turisti da tutto il mondo, il Qatar ha dichiarato di volersi impegnare per rendere il paese più accogliente e sicuro per tutti. Ma a oggi, la situazione sembra addirittura peggiorata.
Negli scorsi anni è stata paventata una legislazione utile a controllare e impedire alle persone LGBTQ+ di entrare nel paese. Per fortuna la proposta, basata su teorie scientifiche piuttosto bizzarre, non ha mai visto la luce. Il comitato per l’organizzazione del Campionato Mondiale di Calcio 2022 si dissocia.
Tuttavia, sebbene il Qatar dichiari a destra e a manca la propria ospitalità verso tutti, oggi nel paese l’omosessualità per il locali arriva a essere punita con la pena di morte – come da legge Sharia. Ma, in particolare quali sono le leggi anti-LGBTQ+ in Qatar? Ecco un dettaglio dal Codice Penale:
- L’articolo 296 criminalizza qualsiasi atteggiamento che “induca, istighi o seduca un uomo a commettere sodomia”, con una condanna tra l’uno e i tre anni di carcere.
- Sempre l’articolo 296 criminalizza qualsiasi atteggiamento che “induca, istighi o seduca una donna a commettere azioni immorali”, sempre con una condanna tra l’uno e i tre anni di carcere. Quali siano le azioni immorali, non è specificato.
- Il Codice Penale del Qatar si basa anche sulla Sharia. Quindi, è tecnicamente possibile per un uomo essere condannato a morte se colto ad avere rapporti sessuali con qualcuno dello stesso sesso, ma solo se appartenente alla fede Mussulmana.
La storia di Mohammed smaschera il rainbow washing in Qatar
Un articolo pubblicato da Human Rights Watch ha svelato la reale situazione della comunità LGBTQ+ in Qatar intervistando Mohammed – nome di fantasia – un uomo gay che a oggi vive da recluso in seguito alle discriminazioni subite dalle autorità qatariane.
Mohammed è stato arrestato nel 2014 con l’accusa di aver avuto rapporti sessuali con persone dello stesso sesso, un atteggiamento punibile con sette anni di prigione. Durante la detenzione, le autorità hanno perquisito il suo telefono, identificato l’uomo con cui aveva una relazione e tentato di arrestare anche lui.
Mohammed è stato in prigione per lunghissime settimane in cui ha subito abusi verbali e molestie sessuali dai poliziotti, che – a sfregio – gli avrebbero anche rasato la testa. Sarebbe potuta andare molto peggio, ma per fortuna l’uomo è stato rilasciato ed è tornato alla vita di tutti i giorni. O meglio, a quella che gli è stata imposta.
A sette anni dal suo arresto, Mohammed vive come un recluso: veste abiti maschili, si guarda bene dal raccontarsi online e non incontra più potenziali partner tramite le app d’incontri. La sua non è una scelta, ma una necessità. L’uomo ha infatti riferito che il governo qatariano controlla sistematicamente l’attività online dei suoi cittadini, ed è così che riesce a scovare e arrestare le persone LGBTQ+.
Tutti i media e le pubblicazioni che si riferiscono in qualche modo all’orientamento sessuale e all’identità di genere – e i siti web delle associazioni in supporto alla comunità LGBTQ+ vengono oscurati. In poche parole, si tenta in tutti i modi di far sparire la comunità LGBTQ+ dal Qatar.
“Non c’è nessuna libertà, neanche online” ha dichiarato Mohammed.
Quindi è evidente che il recente e goffo rainbow washing perpetrato dal comitato organizzativo della Coppa del Mondo sia in realtà un tentativo poco riuscito di apparire come un paese accogliente verso tutti, cosa che non è: la sorveglianza è stretta, e la comunità LGBTQ+ non è al sicuro. Né per quanto riguarda i locali, né per i turisti.
Nel 2016, infatti, un turista polacco è stato arrestato proprio con l’accusa di omosessualità, ed è stato incarcerato per due mesi prima di essere rilasciato. Chiaro che la comunità LGBTQ+ preferisce viaggiare in altri paesi, e avrebbe preferito sicuramente che un altro paese – più accogliente e ligio ai diritti umani – ospitasse il Campionato Mondiale di Calcio.
La controversia sulle bandiere arcobaleno
Non era passata inosservata la polemica sulle bandiere arcobaleno allo stadio durante il Campionato Mondiale di Calcio 2022. Si parlava infatti di bandire il vessillo e confiscarlo all’entrata per “questioni di sicurezza”. La scusa del comitato organizzativo parlava infatti di voler evitare possibili attacchi alla comunità LGBTQ+ da parte dei tifosi.
Tuttavia, a oggi, pare sarà possibile portare e sbandierare le bandiere arcobaleno nello stadio, a seguito delle pressioni da parte comunità LGBTQ+ verso il comitato organizzativo. Ma siamo ancora lontani dal poter definire il Qatar un paese LGBTQ+ friendly. Si parla infatti di continue dichiarazioni discriminatorie e vessatorie verso la comunità LGBTQ+.
A partire dagli alberghi: in seguito a un indagine condotta da due giornalisti svedesi, si è riscontrato che la stragrande maggioranza degli hotel in Qatar preferirebbe evitare di ospitare coppie gay, o che comunque preferirebbe che quest’ultime non “dessero troppo nell’occhio” con vestiti sgargianti e dimostrazioni pubbliche di affetto. Il che è anche stato corroborato da Al Khater:
“Le persone omosessuali potranno venire in Qatar e assistere alle partite di calcio come qualsiasi altro essere umano. Ma le dimostrazioni pubbliche di affetto ci danno fastidio, in generale“ ha dichiarato Hassan Al Thawadi (a capo della commissione che organizzerà l’evento).
Pare che però FIFA sia intervenuta sulla questione, minacciando di stracciare i contratti con gli hotel convenzionati in caso di discriminazioni più o meno velate nei confronti della comunità LGBTQ+ durante il Campionato Mondiale di Calcio 2022.
Ritratto nell’immagine di copertina: BETZY AROSEMENA
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