Comprendiamo lo sgomento di don Luigi Davanzo parroco di Colfosco, nel vedersi davanti agli occhi due uomini che dietro all’altare impunemente si baciavano.
Deve essere stato tremendo per il sacerdote, che mai si sarebbe atteso nella sua vita di vedere un fatto del genere, scoprire che l’amore tra due uomini si esprimesse persino dentro una chiesa, addirittura così vicini all’altare, luogo dove di solito si trova il tabernacolo, essenza stessa della presenza di Dio.
Il sacrilegio è evidente e all’atto profano non sarà nemmeno rimasto insensibile San Daniele profeta, cui è dedicata la comunità cristiana.
Il prete, descritto dalla stampa come tremante, mentre racconta il triste episodio, deve essere di quelli tutto di un pezzo: lettura del breviario, rosari collettivi, riunioni con chierichetti e giovani dell’Acr, giornate in letizia con suore e pie donne.
Un uomo della Chiesa profonda, che non può e non deve essere scalfita da alcun dubbio, che preferisce trasformare lo “scandalo profetico” del cristianesimo, in dolce e severo codice del comportamento, croccante e profumato come quelle torte che amorevolmente preparano i gruppi delle vedove cattoliche, lucido e inebriante come i pavimenti e i mobili curati dall’antico olio di noci, sapientemente prodotto in tanti monasteri italiani.
Eh si, lo choc deve essere stato assurdo!! L’amore eterosessuale, con baci fugaci e imbarazzati dei tanti matrimoni celebrati dal nostro presbitero, sono ben altra cosa di quei due briganti, che con il loro immondo gesto hanno infettato un luogo consacrato. Ce n’è per procedere ad una nuova consacrazione della chiesa, con tanto d’incenso e acqua benedetta, magari da un grande cardinale, sicuro difensore della morale e della Tradizione.
I due scellerati si sono macchiati di una lunga serie di peccati che l’ira di nostro Signore li perseguiterà per il resto dei loro giorni!
Ecco la Chiesa che ci aspettiamo: solida, che non si fa tentare, che non dimentica la sua missione di cacciare gli empi dal Tempio. La chiesa non può essere il rifugio per gli esclusi, per i peccatori, per i deviati e i malati – così avrà pensato il nostro prete – che non potrà mai più togliersi quella scena dagli occhi, perché il diavolo si sa, lascia segni indelebili. Si deve provare pena per questo sant’uomo consacrato da una gerarchia piena zeppa d’omosessuali, che però con dovizia e con abilità nicodemiana occulta, sotto le vesti, i membri turgidi e i relativi empi pensieri.
Bisogna sostenerlo con tanto amore, accompagnandolo attraverso i colonnati e le sagrestie delle parrocchie del mondo per donargli la possibilità di conoscere la realtà della propria chiesa, dove tanti uomini e donne si baciano, si amano, addirittura si organizzano, per uscire allo scoperto, per gridare ai sordi pasciuti porporati del Sacro Palazzo, che Dio è amore ed accoglienza.
Ai nostri due sfortunati fratelli colti in fragranza di reato, bisogna ricordare che il loro amore ha diritto di essere vissuto; bene, quindi, hanno fatto ad urlare i propri sentimenti, mentre il prete rimaneva senza voce per lo sforzo di ribattere.
Siamo sicuri che Gesù avrà guardato compiaciuto la scena di un sacerdote urlante che con forza scacciava dalle dorate colonne i due lebbrosi.
Ce n’è di che essere orgogliosi, vista anche la diffusa solidarietà su cui il sacerdote ha potuto contare dalla sua comunità dei fedeli, dopo aver reso noto ai quattro venti l’increscioso episodio.
Come purtroppo spesso accade anche tra i cattolici più illuminati, il dissenso si è espresso nel silenzio, che in Italia è ormai diventata una colpevole pratica per non disturbare la gerarchia e mantenere posizioni di prestigio e potere.
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