Il Tribunale di Ragusa, sezione civile, ha deciso che si può cambiare sesso all’anagrafe senza sottoporsi ad alcun intervento chirurgico per adeguare i caratteri sessuali da maschili a femminili.
La decisione dei giudici è arrivata in merito all’istanza presentata da una ventisettenne nel 2014, che chiedeva di poter cambiare identità sessuale sui suoi documenti. “Un procedimento non facile – dice Nunzio Citrella, legale del giovane – perché all’inizio non c’era alcun supporto giurisdizionale in favore di un pronunciamento in tal senso. Il Tribunale di Ragusa, previo un rigoroso accertamento, ha accolto la nostra tesi“.
La scelta della giovane ventisettenne è stata dettata, spiega l’avvocato, “dalla volontà e dalla determinazione che prevale in lei, ovvero che la psiche prevale sul corpo ed il riconoscimento nell’ordinamento relativo alla sessualità non deve essere basato su un organo sessuale ma deve soppesare tutte le componenti dell’identità di genere“.
Per il Tribunale civile di Ragusa: “se da un lato è vero che l’attuale condizione è reversibile sul piano somatico, altrettanto non si può dire sul piano psicologico in quanto il soggetto percepisce chiaramente e stabilmente l’appartenenza al genere femminile“. Per il Tribunale, quindi, “la fissazione dell’identità di genere femminile da parte del soggetto esaminato, essendo derivato da una graduale maturazione personale, si può definire stabile e irreversibile“.
Proprio il fatto che nel caso esaminato il “mutamento di sesso sia una scelta personale tendenzialmente immutabile” che ha indotto il Tribunale civile di Ragusa ad ordinare “all’ufficiale di Stato civile di procedere alle conseguenti variazioni anagrafiche“. Infine il Tribunale ha autorizzato “il ricorrente a sottoporsi a trattamento medico-chirurgo per l’adeguamento dei caratteri sessuali da maschili a femminili“.
La 27enne ha voluto precisare che: “indipendentemente dai documenti, io voglio diventare donna a tutti gli effetti. Come sono? Dolce, schietta, nevrotica, insomma donna. Mi sono privata di molte cose, ora voglio iniziare a farle“. La giovane ha raccontato ai giornalisti anche del suo difficile percorso, sempre supportato dalla famiglia: “Ho preso la patente, ma non guidavo la macchina. Non avrei accettato un “signorina, documenti” per poi essere chiamata con un nome maschile che non riconosco“. L’obiettivo della sua battaglia legale, ha precisato che: “è soprattutto quello di aiutare chi è in difficoltà e non ha la stessa forza di lottare“.
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