Regno Unito, per la prima volta l’HIV infetta più etero che gay e bisessuali

In Italia, come riportato lo scorso 1° dicembre, sono invece in aumento i contagi tra uomini che fanno sesso con uomini, come se la percezione del rischio all'interno della comunità nostrana fosse diminuita.

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“Quando mi è stato diagnosticato l’HIV poco più di 25 anni fa, mi vennero dati otto anni di vita. L’HIV stava facendo a pezzi la comunità gay e la mia diagnosi fu quasi un sollievo dopo un decennio intrappolato in un ciclo di sesso, vergogna, paura e rimpianto. La situazione sembrava essere senza speranza per me e per i miei amici”.

Così Ian Green, chief executive del Terrence Higgins Trust, ha iniziato un articolo scritto di suo pugno per il The Guardian, sottolineando come il 49% delle nuove diagnosi di HIV in Inghilterra sia tra persone eterosessuali, con una divisione quasi uniforme tra uomini e donne, rispetto al 45% che riguarda uomini gay e bisessuali. Sono i dati dell’Health Security Agency (HSA), che rimarcano come la comunicazione nei confronti dell’HIV debba innegabilmente cambiare, parlando anche a chi ritiene di non essere ‘tradizionalmente’ a rischio.

Il rapporto HSA ha certificato 2.630 nuove diagnosi nel 2020 rispetto alle 3.950 del 2019. Una diminuzione dovuta soprattutto alla pandemia da COVID-19, che ha limitato fortemente il numero di test effettuati. Il calo delle nuove diagnosi è stato più marcato tra gli uomini gay e bisessuali, che sono diminuiti del 41% tra il 2019 e il 2020. Addirittura del 71% dal 2014 ad oggi. Merito di una campagna battente sull’importanza del sesso sicuro, di un più facile accesso ai test rapidi e dell’utilizzo sempre più marcato della PrEP, profilassi pre-esposizione, quasi unicamente usata da uomini gay e bisessuali. Il numero di eterosessuali che si sono sottoposti al test dell’HIV è invece diminuito addirittura del 33%, tra il 2019 e il 2020.

Si stima che 97.740 persone convivessero con l’HIV nel Regno Unito nel 2020, e di queste circa 4.660 non fossero a conoscenza del loro stato di salute. Testarsi è fondamentale per scoprire la propria eventuale sieropositività, con una diagnosi precoce che consentirebbe da subito di iniziare un trattamento efficace, andando incontro ad un’aspettativa di vita normale. Le persone sieropositive che seguono un adeguato trattamento antiretrovirale raggiungono poi la soppressione virologica. Questo concetto riassunto con U=U, Undetectable equals Untrasmittable sta a significare che le persone che assumono una terapia in modo costante non sono più un pericolo per gli altri. I loro liquidi biologici, sessuali, non trasmettono l’infezione, così come il sangue.

Nel Regno Unito, sottolinea Ian Green, il duro lavoro di comunicazione incentrato sui gruppi a rischio, vedi uomini gay, comunità black e transgender, sta funzionando, abbattendo così quello stigma che vorrebbe l’HIV/Aids appartenere solo all’universo rainbow. Ma così non è, da sempre. A preoccupare sono soprattutto i dati sulle diagnosi tardive: il 51% delle donne, il 55% degli uomini eterosessuali e il 66% di quelli di età pari o superiore a 65 anni sono stati diagnosticati in una fase avanzata, ovvero dopo l’arrivo dell’AIDS. Percentuale che scende al 29% tra gli uomini gay e bisessuali.

“Abbiamo bisogno di testare più persone più spesso e in più luoghi, indipendentemente dal sesso, dalla sessualità, dall’etnia o da qualsiasi altra cosa”, ha precisato Green, secondo cui bisognerebbe offrire test gratuiti in contesti “non tradizionali”. Test per tutti, in modo da normalizzare e ridurre lo stigma.

La dott.ssa Valerie Delpech, responsabile della sorveglianza dell’HIV presso l’UKHSA, ha dichiarato: “Il continuo calo delle diagnosi di HIV effettuate in Inghilterra è incoraggiante, ma i dati dell’anno scorso devono essere considerati nel contesto di una pandemia che ha visto restrizioni alla salute pubblica prolungate e senza precedenti, insieme a un’intensa pressione sui servizi sanitari con conseguente calo dei Test HIV. Ora è fondamentale continuare a intensificare i test e iniziare il trattamento delle persone il prima possibile. Dobbiamo affrontare le disuguaglianze e trovare modi creativi per ottenere una riduzione della trasmissione tra tutte le popolazioni”.

In Italia, come riportato lo scorso primo dicembre, sono invece in aumento i contagi tra uomini che fanno sesso con uomini, come se la percezione del rischio all’interno della comunità nostrana fosse diminuita. Dal 38.2% del 2012 siamo passati al 45,7% nel 2020, con 1.303 nuove diagnosi di infezione da HIV pari a 2,2 nuovi casi per 100.000 residenti. Nel 2019 furono 2.473 le nuove diagnosi, con un decremento del 47,31%. Ma anche in questo caso è chiaro come l’emergenza Covid-19 possa aver pesantemente influito sulla raccolta dei dati.

In occasione del 1 dicembre, Giornata mondiale contro l’AIDS, abbiamo intervistato il presidente della LILA, Lega italiana per la lotta contro l’AIDS, associazione senza scopo di lucro che da 35 anni agisce sull’intero territorio nazionale attraverso le sue sedi locali per tutelare il diritto alla salute, affermare principi e relazioni di solidarietà, lottare contro ogni forma di violazione dei diritti umani, civili e di cittadinanza delle persone sieropositive o con Aids e delle comunità più colpite dall’infezione. Massimo Oldrini si è soffermato sull’inefficienza e cecità ministeriale e sulla PrEp non considerata.

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