Tutti conosciamo Rudolph. È la renna di Babbo Natale dal naso rosso, che secondo la storia ha salvato il Natale illuminando la strada durante una tormenta di neve.
La storia è narrata anche in Rudolph the Red-Nosed Reindeer, uno speciale girato in stop-motion nel 1964 e che in America va in onda ogni anno, anche più volte nel periodo natalizio. Potremmo definirlo come il film “Una poltrona per Due“, un appuntamento fisso di questo periodo.
Ma perché ci interessa la storia della renna Rudolph? Perché prestando attenzione alla storia narrata in Rudolph the Red-Nosed Reindeer, si nota come la piccola renna sia bistrattata e discriminata proprio per il suo naso rosso. Volendo approfondire, potremmo facilmente vederla come la discriminazione che una persona LGBT deve sopportare nella società di oggi.
Troppo forzato? Non proprio.
La storia della renna Rudolph versione LGBT
Partiamo dal principio. Rudolph nasce a Christmastown, dalla renna Donner e sua moglie. Il piccola cerbiatto però è diverso dagli altri: ha il naso rosso. Questo è considerata una vergogna per la famiglia. Tanto che Babbo Natale non lo può accettare come futura renna per la sua slitta. Donner, per nascondere questa sua particolarità, lo costringe a indossare un finto naso nero, per nascondere appunto il luccicante naso rosso. Il suo vero io.
Non si nota qualcosa di familiare?
Rudolph è costretto a nascondere il suo naso, indossando una maschera. Costretto dalla propria famiglia che non lo accetta. Disperato e sconsolato, se ne va nel bosco, convinto di vivere da solo per il resto della sua vita. Ma, almeno, essendo sé stesso. È qui che trova Hermey, uno strano elfo che aveva lasciato il laboratorio di giocattoli di Babbo Natale perché il suo sogno era un altro: diventare odontoiatra. Hermey però ha deciso di vivere la sua vera vocazione, dimettendosi dal suo ruolo “standard” di costruttore e lasciando Christmastown.
Anche in questo contesto, possiamo vedere due persone differenti tra loro. Entrambi non sono come la società etero-normativa li vorrebbe, ma mentre Rudolph continua a vivere dentro l’armadio, Hermey ha deciso di uscire allo scoperto.
Procedendo ne bosco, la renna e l’elfo incontrano Yukon Cornelius, un cercatore d’oro. E anche lui, in solitudine.
L’arrivo a l’isola dei giocattoli disadattati
Il trio continua il suo cammino fino ad arrivare all’isola dei giocattoli disadattati, i Misfits. Questo è un luogo dove tutti coloro che non sono accettati trovano riparo. Chi senza una famiglia, chi senza amici o un tetto sopra la testa, trova un aiuto e nuove persone. Anche qui, si nota una certa sintonia con quelle persone della nostra comunità cacciate di casa o abbandonate dagli amici.
L’isola è gestita da King Moonracer, un leone alato. È lui a dire a Rudolph di tornare da Babbo Natale, spiegando che i Misfits vorrebbero solo essere accettati dalla società e donati come tutti gli altri regali.
L’omofobia e gli stereotipi
Quindi, la renna decide di partire per Christmastown, dove i suoi genitori sono in pericolo. Andati a cercarlo, infatti, erano caduti nelle mani dell’Abominevole Mostro delle Nevi. L’incarnazione perfetta dell’omofobia. Rudolph, e così anche Hermey e Yukon Cornelius, hanno paura di questa bestia.
È un bestia che ti attacca, che ti distrugge. E può essere letale (quante tragedia abbiamo conosciuto?). Rudolph viene sconfitto dall’Abominevole Mostro delle Nevi, ma in suo soccorso arrivano i suoi due compagni, che riescono a sconfiggerlo e “addomesticarlo”. Dimostrando così che anche una bestia cattiva può essere eliminata, basta combattere.
Volendo approfondire ancora un altro po’, vediamo il padre Donner, Babbo Natale e tutti gli altri concittadini della città del Natale sorpresi per la forza di Rudolph e di tutti i Misfits, abbattendo quindi il pensiero che diverso significhi inferiore o inutile. Così come un ragazzo gay non deve essere per forza un effemminato, come dice uno dei più comuni stereotipi.
La fine della storia
Rudolph diventa membro della squadra che traina la slitta di Babbo Natale, il quale ora si è fatto più inclusivo. Accoglie tutti nella sua città, anche l’omofobia/abominevole mostro delle nevi, che nonostante sia innocuo, continua ad esistere (sempre meno, fino a quando non svanirà del tutto).
Non sappiamo se i produttori del film del 1964 volessero dare un sottotesto LGBT alla storia, però è innegabile che possiamo imparare molto: diverso non significa strano, non vuol dire buttare via la propria vita. Questo dobbiamo ricordarcelo, e non solo a Natale.
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