Il rugby è da sempre inclusivo, a 360°. Se dal 2001 parte del ricavato delle vendite del mitologico Dieux du Stade viene devoluto in beneficenza, con decine di rugbisti denudati e diventati di culto per la comunità LGBTQ+ internazionale, da anni il mondo della palla ovale si batte contro ogni tipo di discriminazione e a sostegno dei diritti LGBTQ, tracciando un solco rispetto ad altri sport più ricchi e celebrati, calcio in testa. Dietro quei corpi scolpiti nel marmo si cela una sportività e un’apertura mentale che in tanti, troppi altri sport viene puntualmente a mancare. Anche per questo motivo, probabilmente, Grindr è diventato sponsor di una squadra di rugby francese, mentre Gareth Thomas, ex stella del Galles, ha fatto pubblicamente coming out come omosessuale e successivamente come persona sieropositiva, provando a placcare lo stigma legato all’HIV.
Ed è proprio grazie all’impegno di Thomas se il famigerato torneo “Sei Nazioni” è diventato l’occasione per presentare gli esiti di una indagine condotta recentemente in Italia, Inghilterra, Scozia, Irlanda, Galles, Francia, ovvero i sei Paesi che ne fanno parte, rivelando la diversità di atteggiamenti su stigma e salute sessuale. Sex of Our Nations il nome dato al rapporto, che ha coinvolto 6000 persone, con una risposta tristemente prevedibile: c’è ancora tanto da fare per combattere lo stigma e la scarsa conoscenza sull’HIV.
Il sondaggio “Tackle HIV”, realizzato in collaborazione con la Terrence Higgins Trust e ViiV Healthcare, che sostiene la campagna, ha fatto emergere le differenze di atteggiamento nei confronti della sessualità, della salute sessuale e dell’infezione da HIV tra Inghilterra, Scozia, Irlanda, Galles, Francia e Italia. Solo il 66% e il 63% delle persone intervistate ha dichiarato di accettare completamente l’omosessualità e la bisessualità. Uno su dieci ha affermato di non accettarlo affatto. In Francia, una persona su cinque (20%) ha confermato di non accettarlo.
L’84% delle persone intervistate ha affermato che la salute sessuale è per loro una priorità alta o molto alta (in Italia la percentuale è stata del 94% ed è stata la più elevata). Tuttavia, i risultati mostrano che solo il 53% e il 45% delle persone prenderebbero in considerazione l’idea di sottoporsi a un test per un’infezione a trasmissione sessuale (IST) o per l’HIV. Inoltre solo il 26% e il 22% hanno riferito di aver eseguito un test IST o HIV in precedenza. Il 28% delle persone ha dichiarato che non prenderebbe in considerazione un test HIV in quanto non ritiene di essere a rischio. Questo dato è variabile nei vari paesi, passando dal 24% in Italia al 33% in Scozia e Galles.
L’indagine ha inoltre rivelato una mancanza di comprensione su chi possa essere a rischio di contrarre l’infezione da HIV. Il 50% e il 52% delle persone intervistate ha riferito di non ritenere che uomini e donne eterosessuali siano rispettivamente a rischio di contrarre l’HIV. In realtà nel 2020 la metà di tutte le nuove diagnosi di HIV in Inghilterra riguardava persone eterosessuali (49%), rispetto al 45% negli uomini gay e bisessuali. In Francia, il 69% delle persone intervistate non pensava che uomini o donne eterosessuali fossero a rischio di HIV, rispetto al 41% e al 44% in Scozia. L’ignoranza sull’argomento regna sovrana.
Lo stigma legato all’HIV/AUDS può influenzare molti aspetti della vita di una persona, incluso l’accesso a test, cure e servizi, salute mentale e relazioni. Il 58% delle persone intervistate ha riferito che se al proprio partner fosse stato diagnosticato l’HIV, avrebbero (18%) posto fine alla relazione o avrebbero considerato questa possibilità (40%). L’83% di questi ha affermato che la motivazione era la preoccupazione di contrarre l’HIV. In realtà, chi vive con l’HIV ed è in terapia antiretrovirale efficace non può trasmettere l’infezione al proprio partner sessuale, ma solo il 22% delle persone intervistate lo sapeva. La conoscenza di questo concetto è risultata più alta in Irlanda (28%) e più bassa in Italia (18%). Si tratta del concetto di U = U (Undetectable = Untrasmittable): le persone con HIV che assumono una terapia antiretrovirale efficace non trasmettono più l’infezione.
Gareth Thomas, volto di questa campagna, ha così commentato i risultati del sondaggio:
Sono così frustrato dal fatto che questi atteggiamenti esistano ancora. Il sesso è ancor oggi visto come un argomento tabù di cui alla gente non piace parlare. Ciò alimenta lo stigma sulla sessualità e sulla salute sessuale, comprese le malattie sessualmente trasmissibili e l’HIV, il che è molto dannoso. Dobbiamo migliorare l’accettazione e la comprensione della sessualità e dell’HIV da parte delle persone per rimuovere lo stigma che impedisce di effettuare i test. L’unico modo per conoscere il proprio stato HIV è sottoporsi al test e abbiamo bisogno di “normalizzare” questo test in modo che non sia considerato diverso dai normali altri screening. Gli atteggiamenti si possono cambiare e sono determinato a fare tutto il possibile perché ciò accada.
L’UNAIDS ha fissato l’obiettivo di porre fine all’HIV/AIDS per far sì che cessi di essere una minaccia per la salute pubblica entro il 20303. La scienza ha consentito incredibili progressi nel trattamento dell’HIV, ma nonostante ciò le persone che vivono con l’HIV o sono a rischio di HIV devono ancora affrontare lo stigma e la discriminazione che minano gli sforzi di prevenzione, test e trattamento. Senza affrontare lo stigma e la discriminazione legati all’HIV, il mondo non raggiungerà questo obiettivo. La campagna Tackle HIV, iniziativa di sensibilizzazione guidata da Gareth Thomas, è impegnata a continuare a promuovere una migliore comprensione per ridurre lo stigma e motivare tutti a fare la propria parte per raggiungere questo obiettivo.