A Sergio Mattarella, grazie Presidente per esserti speso a difesa della nostra comunità

Ricordiamo alcuni passaggi di una Presidenza della Repubblica che più volte ha ricordato che l'omobitransfobia è "incostituzionale".

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12º presidente della Repubblica Italiana dal 3 febbraio 2015, Sergio Mattarella si appresta a concludere il suo settennato. Dal 24 gennaio in poi ogni giorno potrà essere quello giusto per l’elezione del nuovo Capo dello Stato, che ancora oggi vede tutti i partiti della maggioranza prendere abilmente posizione in favore di uno specifico candidato.

E se l’ipotesi della prima storica donna al Quirinale prende sempre più piede, con Cartabia, Casellati, Gelmini, Bindi e Moratti in pole position, l’Italia intera applaude sentitamente un ex giudice costituzionale che nel 2015 venne accolto tiepidamente, perché tirato fuori dal cilindro parlamentare dopo lo choc dei 101 “traditori” che bruciarono Romano Prodi.

Da molti definito esageratamente ‘glaciale’, per non dire ‘robotico’, il composto ed elegante Mattarella ha presto ribaltato quelle iniziali ed errate considerazioni, conquistando popolarità e quasi unanime apprezzamento. Autentico faro nei momenti più bui della crisi pandemica, l’ex giurista, che in meno di 7 anni ha incaricato tre presidenti del Consiglio dei ministri (Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte e Mario Draghi), si è più volte speso anche in favore di un contrasto all’omotransfobia.

Sin dal suo discorso di insediamento in Parlamento, Mattarella sottolineò come fosse necessario assicurarsi che “le donne non debbano avere paura di violenze e discriminazioni”, per poi rimarcare la necessità di garantire a tutti la libertà tramite “il pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale ed economica, nella sfera personale ed affettiva”.

Il 17 maggio del 2015, sua prima Giornata Mondiale contro l’Omotransfobia da Presidente della Repubblica, condivise immediatamente un messaggio specifico, incoraggiando “quanti in questi anni si sono battuti e continuano a battersi contro ogni forma di discriminazione basata sull’orientamento sessuale delle persone. Il principio di uguaglianza, sancito dalla nostra Costituzione e affermato nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, non è soltanto un asse portante del nostro ordinamento e della nostra civiltà. Esso costituisce un impegno incessante per le istituzioni e per ciascuno di noi. Rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della personalità umana è una responsabilità primaria, dalla quale discende la qualità del vivere civile e della stessa democrazia. Le discriminazioni, le violenze morali e fisiche, non sono solo una grave ferita ai singoli ma offendono la libertà di tutti, insidiano la coesione sociale, limitano la crescita civile. Dobbiamo promuovere il rispetto delle differenze laddove invece la diversità scatena reazioni intolleranti. E dobbiamo parlarne con i giovani, perché purtroppo continuano a registrarsi atti di bullismo contro ragazze e ragazzi, che talvolta spingono alla disperazione. Si tratta di espressioni di disumanità insopportabili che vanno contrastate con un’azione educativa ispirata alla bellezza di una società aperta, solidale e ricca di valori“.

Parole chiare, inequivocabili, che Mattarella volle immediatamente inviare a senatori, deputati e alla società intera, affinché l’omotransfobia potesse finalmente diventare il passato. Firmata la legge sulle unioni civili nel 2016, il Capo dello Stato è tornato a tuonare contro l’omotransfobia nel 2017, dopo un anno di ‘break’. “Senza una cultura dei diritti di ciascuno non si diventa pienamente cittadini“, tuonò all’epoca Mattarella, specificando come l’omofobia e la transfobia, violino “la dignità umana, ledono il principio di eguaglianza e comprimono la libertà e gli affetti delle persone. A nessuno può sfuggire che qualunque forma di persecuzione in base all’orientamento sessuale costituisca, sempre e ovunque abbia luogo, una violazione inaccettabile dei diritti umani universali“.

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Il Presidente Sergio Mattarella in visita all’Istituto Pediatrico Gaslini di Genova (foto: IG Quirinale)

Nel 2019 Mattarella ha nuovamente celebrato la Giornata Mondiale contro l’Omotransfobia, riaffermando “la centralità del principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea contro ogni forma di discriminazione inerente all’orientamento sessuale o alla identità di genere. Inammissibili e dolorosi episodi di aggressività e intolleranza continuano a verificarsi causando sofferenze nelle vittime. Pertanto, la denuncia e la lotta all’omofobia deve costituire un impegno deciso e costante per le istituzioni e per ciascuno di noi“.

Nel 2020, ovvero nel pieno del dibattito sul DDL Zan, l’intervento probabilmente più netto, avendo definito l’omotransfobia “anticostituzionale“, in quanto “una società libera non permette discriminazioni e aggressioni”. Lo scorso 17 maggio, infine, l’ultimo messaggio “implicito” spedito ai parlamentari.

“Le attitudini personali e l’orientamento sessuale non possono costituire motivo per aggredire, schernire, negare il rispetto dovuto alla dignità umana, perché laddove ciò accade vengono minacciati i valori morali su cui si fonda la stessa convivenza democratica”. “La società viene arricchita dal contributo delle diversità. Disprezzo, esclusione nei confronti di ciò che si ritiene diverso da sé, rappresentano una forma di violenza che genera regressione e può spingere verso fanatismi inaccettabili. La ferita inferta alla singola persona offende la libertà di tutti. E purtroppo non sono pochi gli episodi di violenza, morale e fisica che, colpendo le vittime, oltraggiano l’intera società. Solidarietà, rispetto, inclusione, come ha dimostrato anche l’opera di contrasto alla pandemia, sono vettori potenti di coesione sociale e di sicurezza”.

Parole che i senatori della Repubblica, aihnoi, hanno respinto al segreto dell’urna, avendo votato la tagliola che ha frenato forse irrimediabilmente il DDL Zan, già approvato alla Camera a fine 2020.

Nel nostro Paese, va detto, il Presidente della Repubblica è il garante della Costituzione e non è a capo del potere legislativo, esecutivo o giudiziario, “limitandosi” a coordinarli e a sorvegliarli. Questo vuol dire che Mattarella, più che lanciare ripetuti ed eloquenti messaggi contro l’omotransfobia agli italiani e ai vari Governi che si sono succeduti negli anni, non poteva fare.

Prima di lui anche Giorgio Napolitano, unico Capo dello Stato della storia repubblicana ad aver iniziato un secondo mandato presidenziale, si era speso contro l’omotransfobia. Oggi 96enne, Napolitano nel 2009 disse che “omofobia, xenofobia e violenza nei confronti delle donne scaturiscono dall’ignoranza” e “da un allontanamento spesso inconsapevole dalla Costituzione“. A suo dire già all’epoca si doveva tornare all’articolo 2 della Costituzione, “ai valori della non discriminazione e dell’uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di sesso“. Mai, fino ad allora, l’omofobia aveva abbracciato le porte del Quirinale. Nel 2010 il Capo dello Stato incontrò le associazioni LGBT nazionali, mentre nel 2011 conferì la medaglia di bronzo ad Arcigay Trieste. Nel 2013, infine, il suo ultimo messaggio in occasione della giornata mondiale contro l’omotransfobia.

“Esprimo la mia vicinanza a quanti sono stati vittime di intollerabili aggressioni e a quanti subiscono episodi di discriminazione che hanno per oggetto il loro orientamento sessuale. Un pensiero particolare va a quei giovani che per questo hanno subìto odiosi atti di bullismo che, oltre ad aggravare le manifestazioni di discriminazione, alimentano pregiudizi e dannosi stereotipi. Come ho più volte ribadito, la denuncia e il contrasto all’omofobia devono costituire un impegno fermo e costante non solo per le istituzioni ma per la società tutta: in questo senso la cultura del rispetto dei diritti e della dignità della persona ha già trovato significative espressioni sul piano legislativo e deve trovare piena affermazione in primo luogo nella famiglia, nella scuola, nelle varie realtà sociali e in ogni forma di comunicazione”.

Sergio Mattarella, suo successore, ha quindi seguito la strada indicata da “Re Giorgio”, dalle stanze di un Quirinale che potrebbe presto accogliere un esponente indicato dal centrodestra nazionale. Se così fosse potremmo dover attendere 7 lunghissimi anni prima di assistere a nuove prese di posizione contro l’omotransfobia, oppure dover digerire quell’ipocrisia politica di fondo che vedrebbe ex “nemici” della comunità LGBTQ+ nazionale fingersi “amici” solo e soltanto perché chiamati ad essere super partes. Perché “presidente di tutti gli italiani”, almeno a parole…

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