Quando la prima puntata di Sex and the City andò in onda su HBO, il 6 giugno del 1998, fu immediata rivoluzione. Mai nessuno aveva affrontato l’universo femminile in quel modo, sul piccolo schermo, parlando apertamente di sesso, relazioni, amicizia, sentimenti. 6 stagioni, 94 episodi, decine di riconoscimenti, milioni di fan in tutto il mondo. Il rumoroso addio nel 2004, il clamoroso ritorno pensato per il grande schermo nel 2008, il box office sbancato, l’orribile sequel del 2010, gli stracci mediatici tra Sarah Jessica Parker, protagonista nonché produttrice, e Kim Cattrall, amatissima Samantha Jones.
Sembrava fosse tutto finito, con il terzo e ultimo capitolo cinematografico mai realizzato, fino a quando HBO Max non ha annunciato l’arrivo di And Just Like That, revival/sequel di Sex and the City, con Carrie, Miranda e Charlotte 50enni a New York, immerse tra podcast, Covid-19 e social. Ma che senso dare ad un ritorno con tre protagoniste felicemente innamorate, con figli, famiglie e carriere avviate?
ATTENZIONE SPOILER
A questa doverosa domanda hanno risposto gli sceneggiatori di And Just Like That, che hanno da subito sparigliato le carte. Perché al termine della prima puntata (in Italia visibile su Sky e Now Tv) avviene l’innimaginabile, l’imponderabile. La scioccante morte di un protagonista storico, una colonna della serie, l’amore di una vita della protagonista. Mr. Big.
Chris Noth, che in passato aveva più volte declinato l’invito ad un ritorno sul set, muore dopo un duro allenamento sulla cyclette. Un infarto lo coglie impreparato. Carrie lo trova moribondo in bagno, si butta su di lui. Lo abbraccia, piange, urla il suo nome. La favola d’amore durata 23 anni finisce improvvisamente. Ed è qui che And Just Like That prende senso, forma, perché la sua indiscussa regina non è più felicemente accompagnata. È vedova. E single, 50enne a New York. La favola si fa incubo, drammatica realtà da cui necessariamente ripartire. Un colpo di genio, da maestro, che spiazza i fan, divide il web, fa precipitare in borsa il titolo dell’azienda produttrice di quella cyclette, costretta a specificare che Mr. Big aveva già avuto un infarto in passato, che beveva, fumava. Insomma era un soggetto a rischio. La 2a puntata andata in onda nei giorni scorsi è interamente centrata sul tragico funerale che vede Carrie resistere alla tentazione di lasciarsi andare, piangere a dirotto, disunirsi. Samantha Jones, che non è presente perché Kim Cattrall si è rifiutata di prendere parte al progetto, invia da Londra un mazzo di fiori con annesse sentite condoglianze. Per giustificare la sua assenza gli sceneggiatori hanno ben pensato di spedirla dall’altra parte del mondo, facendola litigare con Carrie, a cui l’amica del cuore manca. Come a tutti noi.
Nel mezzo And Just Like That va a riempire i clamorosi buchi con il tempo emersi dalla serie originale, che era decisamente poco inclusiva, total white e checché se ne dica assai poco queer. Ma erano altri tempi, erano gli anni ’90. Inutile girarci attorno. Persino Friends e Will and Grace sono stati accusati nel tempo delle medesime ‘colpe’. Pronti, via e con questo revival l’impronta data dagli sceneggiatori si fa immediatamente lampante. Miranda Hobbes, straordinario personaggio interpretato da Cynthia Nixon, incarna perfettamente i lineamenti della ricca donna bianca che fatica a stare al passo con i tempi sulla questione interraziale, decidendo di impegnarsi per migliorare, tornando a scuola per studiare. In tal senso tra le novità spiccano Karen Pittman e Nicole Ari Parker, Chris Jackson e Sarita Choudhury. Finalmente uomini e donne nere all’interno di una serie che in sei stagioni non li aveva praticamente mai presi in considerazione, se non come oggetti sessuali delle protagoniste. Poi c’è Sara Ramierz nei panni di Che Diaz, personaggio non-binario. Lo scontro/incontro tra Che e Miranda all’interno della 2a puntata fa immaginare possibili e clamorose svolte future, con Hobbes possibile protagonista di un ipotetico coming out. D’altronde anche Cynthia Nixon ha avuto due figli con il compagno Danny Mozes prima di fare coming out, sposare Christine Marinoni e avere un altro figlio con l’amata. Che il percorso privato dell’attrice abbia sapientemente indirizzato quello del suo alter-ego televisivo?
Nel dubbio And Just Like That si è sapientemente presentato come una felice e inattesa evoluzione di Sex and the City. Onesto dinanzi una determinata rappresentazione, distante dal kitsch estremo dell’ultimo capitolo cinematografico, per ora molto meno irriverente e sessualmente esplicito rispetto alla serie originale. La mancanza di Samantha Jones è enorme, ma Michael Patrick King, gay dichiarato, storico regista nonché sceneggiatore sia della serie che dei due film, ha trovato la chiave giusta per riscrivere una storia che a detta di tutti sembrava ampiamente finita. Le ragazze di un tempo, 30enni single nella Grande Mela che ancora non sapeva cosa fosse l’11 settembre, sono diventate donne, mogli, super mamme (vedi Charlotte), scrittrici digitali (Carrie ha salutato la carta stampata e ora ha un podcast), drammaticamente vedove. Attorno a loro il mondo è mutato, le nuove generazioni le hanno sorpassate da ogni lato, la morte aleggia sopra le loro teste ma Carrie, Miranda e Charlotte non annaspano, non cedono. Inciampano e posso persino cadere ma sono sempre pronte a rialzarsi sulle loro Manolo Blahnik, vestite Oscar de la Renta e più determinate e unite che mai, per la gioia dei milioni di fan che da oltre 20 anni consumano i dvd della serie originale. Qui (per ora) degnamente risorta a nuova vita.
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