Dal Trentino una notizia più lieta della media: dopo la proposta di annullare le linee guida provinciali per la salvaguardia degli animali, il Consiglio di Stato ha abolito l’abbattimento degli orsi, se non dopo aver consultato l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e valutato ogni possibile alternativa.
“La soluzione più drastica può essere attuata se si verifica uno di questi casi: orso ripetutamente segnalato in centro residenziale, orso che attacca per difendere i propri piccoli, orso che attacca per difendere la sua preda, orso che segue persone, orso che cerca di entrare in strutture, orso che attacca senza essere provocato” dichiara il Consiglio di Stato, specificando che a prescindere la situazione va valutata con estrema cautela valutando “condizioni ambientali e cause dell’aggressione“.
Una scelta che il WWF considera il nuovo inizio di un “percorso fondato sulla promozione della convivenza partendo dalla conoscenza e non dai pregiudizi“, che permette di consolidare l’espansione della popolazione di orsi in Trentino.
Fino allo scorso Febbraio, la Provincia di Trento – su appoggio di Giulia Zanotelli, assessora all’agricoltura, foreste, caccia e pesca – aveva archiviato l’opzione di catturare e recludere gli orsi “problematici”, proponendo direttamente per l’uccisione da parte delle autorità locali, col fine di prevenire “la sicurezza pubblica”.
Tra gli esemplari a rischio c’è l’M49-Papillon, ultimo recluso presso il Centro Faunistico del Casteller, che rischiava di essere trasferito in una fattoria ungherese per orsi. Prima di lui negli anni precedenti fu il caso di JJ4, che dopo un’aggressione a due turisti sul Monte Peller, riguadagnò una semi-libertà nell’aprile 202, monitorata con radiocollare ovunque andasse. Tuttavia l’assessora Zanotelli, affiancata dalla IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura) continuarono a proporre l’abbattimento.
Ma l’abbattimento non può procedere se non dopo il consulto del PACOBACE (Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno sulle Alpi centro-orientali) che prevede una serie di azioni specifiche e la consultazione dell’ISPRA. Tuttavia, in un primo momento l’istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale si è mostrato tragicamente favorevole: “Ora più che mai piuttosto è fondamentale lavorare di più sugli interventi che possono agevolare la convivenza tra la popolazione ursina e gli umani” scrivevano. Pur consapevoli della prevenzione alla biodiversità, l’ISPRA ha esposto delle ragioni anche a stampo politico, che con “accentuata ostilità ha nutrito e condizionato la presenza di questo grande carnivoro“, in primis accantonare la proposta di istituire dei corridoi ecologici, anche per le specie più “problematiche”.
L’intero movimento di associazioni animaliste si è mobilitato contro un’azione inconcepibile, che il WWF definisce sbagliata “sia sul piano pratico che giurdico”, e nelle parole di Piera Rosati –presidentessa di LDNC Animal Protection – “va contro ogni principio costituzionale di tutela dell’ambiente, degli ecosistemi, e della biodiversità“.
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