È piuttosto raro che un attore dal vivo sembri più bello ed espressivo di come appare al cinema. William Baldwin sorprende non solo per il suo notevole carisma ma anche per una disinvolta affabilità che lo rende simpaticamente disponibile. Lo incontriamo sul suggestivo e ventoso set del thriller esoterico The Broken Key diretto da Louis Nero alla Sacra di San Michele, vertiginoso complesso architettonico gestito dai padri rosminiani che si inerpica sul monte Pirchiriano nella piemontese Val di Susa, fonte d’ispirazione mistica per Umberto Eco e il suo immortale bestseller Il nome della rosa. Nel cast rilevante ci sono anche Geraldine Chaplin (che ha già girato una scena alla Mole Antonelliana), Rutger Hauer e Franco Nero. Finanziano Torino Film Production e L’Altro Film con la collaborazione di Film Commission Torino Piemonte, distribuisce Fantastic Films. I costumi sono firmati da Agostino Porchietto.
Si sta girando una scena clou drammatica, in cui il protagonista, l’archeologo Arthur Adams (il fascinoso Andrea Cocco, vagamente somigliante a Keanu Reeves da giovane) è sdraiato – ferito? Cadavere? – ai piedi del celebre Scalone dei Morti che conduce al Portone dello Zodiaco, accudito dall’assistente Sara Eve (Diana Dell’Erba: “Ho pianto tutta la mattina!”). William interpreta il frate Hugo, “ambiguo custode del luogo, aiuterà oppure ostacolerà il protagonista?”, come ci spiega enigmaticamente il regista Louis Nero.
Il terzo dei fratelli Baldwin, ex cognato di Kim Basinger (sposò Alec nel 1993 e divorziò nove anni dopo), sbuca da una porticina che sembra svelare una cripta, e ci sorride.
Lo abbiamo intervistato.
Gay.it: Che cosa l’ha attratta del ruolo di frate in The Broken Key?
A volte leggi uno script e ti ispira. Come Affari Sporchi (di Mike Figgis, n.d.r.), un poliziesco con un’ottima sceneggiatura, non l’avevo mai fatto prima. Oppure Il calamaro e la balena (di Noah Baumbach, candidato all’Oscar). Attraverso la mia carriera ho avuto l’opportunità di fare cose diverse, di recitare in film che sono state sfide. Come interpretare un frate in The Broken Key.
Come si trova nei suoi panni?
Non ho mai recitato in un ruolo del genere, per quello ho scelto il progetto. Non mi sento a mio agio, sono un peccatore. Quando l’ho detto a mia moglie e le ho descritto la parte lei mi ha detto: sei bravo ma non così bravo da diventare un frate! Sono cattolico, vado anche in chiesa. Ogni tanto mi faccio confessare, commetto tanti peccati.
E quali sono questi peccati?
È un segreto!
Sette anni fa lei bisticciò con suo fratello Stephen che si era dichiarato contrario ai matrimoni gay…
Sì, criticai una sua frase. I gay devono potersi sposare. Ci sono tanti tipi di famiglia: uomo con uomo, donna con donna, uomo con donna, eccetera.
Quindi è soddisfatto della politica obamiana che ha consentito i matrimoni gay in tutti gli Stati americani?
Assolutamente sì, riconoscere il diritto di amare deve diventare un dovere.
Sua moglie (Chynna Phillips, cantante delle Wilson Phillips, figlia di John e Michelle dei Mamas and Papas, n.d.r.) è una grande sostenitrice dei diritti lgbt…
Sì, lei canta spesso ai Gay Pride in giro per l’America! Sostiene il movimento lgbt, è giusto che sia così.
Nel serial televisivo Dirty Sexy Money tradisce sua moglie, nella finzione, con la trans interpretata da Candis Cayne…
Sì, milioni di americani mi hanno visto tutte le settimane a letto con una trans! Candis è meravigliosa, è stato fantastico lavorare con lei.
In Italia però lei è più noto per il thriller Sliver con Sharon Stone.
È stato molto tempo fa. Non ci frequentiamo. Non ho molti amici nel mondo dello show business, solo Oliver Platt, Kurt Russell e Chazz Palmintieri. I miei amici hanno grandi, belle e amabili qualità. Fratelli, mogli e cognate mi bastano: sto quasi sempre con la mia famiglia.
In Sliver interpretava un personaggio malefico, è più facile interpretare un buono o un cattivo?
La gente è psicologicamente complessa. Mi piacerebbe recitare più parti da buono ma mi viene naturale affrontare il lato oscuro dei personaggi.
Che cosa conosce dell’Italia?
Amo l’Italia e gli italiani. I miei migliori amici newyorchesi sono italoamericani. Io sono cresciuto a Massapequa (alla periferia di New York, n.d.r.). Lì sono quasi tutti italiani o ebrei: li chiamiamo Mazza-Pizza! Conosco bene il nord Italia ma non il Sud.
© Riproduzione Riservata