Algeria: agghiacciante campagna anti-arcobaleno per vietare le bandiere del Pride

Alcuni utenti suoi social hanno condiviso gli opuscoli distribuiti dai funzionari di Stato

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Algeria anti-arcobaleno Gay.it
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In Algeria l’omosessualità è ancora illegale e il governo non sembra intenzionato ad avventurarsi su strade progressiste. Al contrario, la morsa sulla comunità LGBTQIA+ algerina si sta facendo sempre più stringente in quello che è diventato un vero e proprio tentativo di limitarne l’esistenza. Da nuove testimonianze emerse online, in funzionari in Algeria stanno ora cercando di contrastare in qualsiasi modo persino l’utilizzo della bandiera del Pride attraverso degli agghiaccianti opuscoli informativi.

Alcuni utenti di Twitter e Reddit hanno condiviso sui social dei video in cui mostrano i funzionari che distribuiscono gli opuscoli per strada e il loro a dir poco sconcertante contenuto. Si tratta di una campagna per informare i cittadini della differenza tra i colori dell’arcobaleno, che tradizionalmente sono sette, e la bandiera del Pride, che usa invece sei. L’opuscolo è corredato anche dalle immagini di tutte le bandiere che rappresentano le diverse identità dell’acronimo LGBTQIA+, in modo che siano facilmente riconoscibili.

 

 

Come se non bastasse, sopra le immagini è stampate anche una frase: “Sono musulmano e queste bandiere e simboli non mi rappresentano”. Si tratta di una vera e propria campagna anti-arcobaleno che non fa presagire nulla di buono. Informare i cittadini perché sappiano riconoscere i simboli e le bandiere della comunità non farà altro che alimentare il clima di caccia alle streghe che già si respira nel Paese, dove l’omosessualità è punita fino a 3 anni di carcere. Inoltre, a nessuna organizzazione politica è concesso esprimersi a favore dei diritti LGBTQIA+ e gli episodi di violenza e gli omicidi a sfondo religioso sono generalmente tollerati.

Lo stigma sociale, oltretutto, è estremamente radicato all’interno delle singole comunità locali e persino all’interno delle famiglie. In generale, la società altamente conservatrice è spinta a considerare l’omosessualità e tutto ciò ad essa collegato come un’offesa alla religione musulmana. L’atteggiamento delle forze dell’ordine non è da meno: poche settimane fa un tribunale algerino ha condannato più di 40 persone al carcere per aver partecipato a un “matrimonio gay”.

Considerare l’omosessualità come contraria ai valori della propria Nazione e della propria religione è un atteggiamento comune a molti Stati africani in cui la comunità LGBTQIA+ è costretta ad essere altrettanto clandestina e a subire atti di violenza e discriminazione. È sulla bocca di tanti, ad esempio, il caso di Edwin Chiloba, l’attivista del Kenya il cui corpo è stato trovato mutilato la scorsa settimana.

Spingersi ad iniziare una campagna anti-arcobaleno, tuttavia, rappresenta una nuova frontiera per l’Algeria, che finora si era solo limitata a reprimere qualsiasi manifestazione pubblica di “atteggiamenti” omosessuali. È molto simile ad alcuni provvedimenti presi negli scorsi mesi in alcuni Paesi dell’Arabia Saudita dove, ad esempio, è stata vietata la ricerca di parole relative al tema “lgbt” online o dove i siti LGBTQIA+ sono stati oscurati. Si tratta di andare ben oltre l’odio verso la comunità: è un tentativo di oscurarla e metterla nell’ombra persino negli aspetti più semplici e apparentemente banali della vita quotidiana, come usare una bandiera.

 

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