Abolire la monarchia inglese è l’unico modo per affrontare l’eredità omotransfobica della famiglia Reale

Parola di Graham Smith, amministratore delegato di Republic che da anni chiede la cancellazione della monarchia.

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Mentre il principe Harry prende a picconate padre, matrigna, fratello e cognata dalle pagine di un’autobiografia ultramilionaria, nel Regno Unito c’è chi è tornato a chiedere a gran voce l’abolizione della monarchia, anche per porre fine ad un’omotransfobia reale che dura da secoli.

Graham Smith è l’amministratore delegato di Republic, gruppo da anni chiede la cancellazione della monarchia. Intervistato da PinkNews, Smith ha ricordato come la famiglia reale sia “intrisa di atteggiamenti profondamente conservatori” e omotransfobici.

“Il monarca è il capo della Chiesa d’Inghilterra, e solo pochi mesi fa l’arcivescovo di Canterbury ha affermato che il sesso gay è ancora un peccato, il che è una cosa spaventosa da dire. Questo incoraggia le persone a sostenere cose come la terapia di conversione. È un’istituzione piuttosto tossica a mio avviso… siamo bloccati con un capo di stato e una famiglia profondamente conservatori in un Paese che è sempre più aperto e liberale”.

Ad oggi, non risulta che re Carlo abbia mai parlato pubblicamente di diritti LGBTQ+. Il principe William, primo erede al trono, si è invece ampiamente espresso a sostegno delle persone LGBTQ+. Nel 2019 ha confidato che non avrebbe “assolutamente” alcun problema se i suoi figli si dichiarassero gay o lesbiche.

Ma Smith ha giustamente ricordato l’assordante silenzio dei reali sulle leggi omofobe ancora oggi in vigore nel Commonwealth. La maggior parte dei suoi Paesi membri criminalizza le persone LGBTQ+, in base alle leggi imposte proprio durante il colonialismo britannico.

“La regina non ha mai detto nulla al riguardo e nemmeno Carlo. E per quanto ne so, nemmeno William lo ha mai fatto. Se il silenzio è collusione, penso che abbiano molte domande a cui rispondere sul motivo per cui non si siao interessati alle questioni LGBT, quando questo può significare una bella vita o la morte in così tante parti del Commonwealth”.

Da non dimenticare poi la questione del razzismo, con Harry e Meghan Markle che hanno accusato un membro della famiglia reale di aver speculato sul colore della pelle del loro bambino quando non era ancora venuto alla luce. Quel presunto incidente, a detta di Smith, “la dice lunga” sul “distacco” della famiglia reale “dal resto della società”.

“È quasi come se stessero cercando di insegnare a loro stessi gli standard di decenza di base, come parlare alle persone e delle persone fuori dal palazzo”.

Smith ha poi sottolineato come non sia mai stato fatto nulla per modificare le leggi di successione “omofobe”, secondo cui se un membro della famiglia reale dovesse mai avere un figlio al di fuori di un matrimonio eterosessuale, non sarebbe inserito nella linea di successione. Se il Succession to the Crown Bill del 2013 ha rimosso la discriminazione di genere dalle leggi sulla successione, non è stato fatto nulla per garantire che i bambini nati da una coppia reale dello stesso sesso possano un giorno accedere al trono.

Se ci fosse un monarca dichiaratamente gay, in sostanza, ad oggi i suoi figli non potrebbero finire nella linea di successione. “Questo sottolinea l’atteggiamento profondamente conservatore della Chiesa d’Inghilterra che è profondamente in contrasto con il modo in cui la maggior parte di noi ragiona“.

Republic sta organizzando proteste in concomitanza con l’incoronazione di re Carlo a maggio, chiedendo l’abolizione della monarchia. “Questa non è un’istituzione che ha a cuore i nostri interessi, non è affatto un’istituzione che si interessa a tutti noi“, ha concluso Smith. “Non è una soap opera, non riguarda i titoli dei tabloid. È un problema serio e deve essere affrontato”. In sostanza, non dobbiamo più sopportare questo circo. È senza principi, è un male per la Gran Bretagna, un male per la nostra democrazia. L’incoronazione di Carlo è un’opportunità per alzarsi in piedi e protestare contro di essa, sbarazzarsene è assolutamente realizzabile. Non dobbiamo sopportare Carlo, possiamo davvero avere una scelta.”

Dall’Italia è stato Diego Passoni, al cospetto proprio delle picconate partite dall’autobiografia di Harry, a criticare pubblicamente la monarchia.

Passoni, nel farlo, ha ringraziato proprio il secondogenito di Carlo e Diana, per aver “svegliato l’occidente europeo, l’unico a cui ancora interessi la corona inglese, dal sogno beota di cappellini bizzarri, blasoni, famiglie perfette, privilegi di sangue, riverenze, regole antiche, e figli buoni e belli venerati come speciali. Grazie di aver sposato una mediocre attrice americana. E con lei aver rotto i coglioni a quella specie di presepe carillon di rampolli esibiti come se ne avessero merito e aver tolto la maschera alla regalità, mostrando una sola grande verità: è tutto tristemente banale. Le liti, le ragioni personali, le ambizioni, le relazioni. Ma succede quando diventi grande. Fine dell’infantilismo di massa, della regina buona, dell’erede predestinato, del sangue nobile che infonde straordinarie capacità, del papa buono – che vi ricordo è un principe capo di stato- del mantello che dona grazia e carisma. È tutto senza magia, siamo tutti senza magia, come la discoteca a luci accese, come le giostre ferme in pieno giorno, come lo sono le persone. Che lo straordinario lo fanno solo se lo scelgono, lo inseguono, ci rischiano tutto, e soprattutto se ci provano assieme, non se ci nascono. Grazie perché la favola più bella non finisce con l’eroe che vince ma con il popolo che si sveglia e capisce che è lui che può decidere tutto. Anche di non avere più bisogno di nessun re. Un popolo di mediocri ben organizzati salva il pianeta. Una famiglia ricca e potente di solito lo tratta come roba sua, e lo disossa. Infatti il nostro sistema non funziona perché è stato pensato come se fossimo tutti la famiglia reale con un mondo di servi. E queste favole rimestare da secoli sono una lenta sonata funebre all’Occidente capitalista. Che ha ancora nostalgia di principi e pontefici“.

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