Questa settimana a Buckingham Palace si festeggia a il 70esimo anno di regime della Regina Elisabetta II in concomitanza alla celebrazione di Camilla Parker Bowles come “regina consorte”.
Ma al principe Harry non gliene potrebbe fregare di meno e preferisce cogliere l’occasione per spendere due paroline sull’HIV.
Affiancato dalla star del rugby, Gareth Thomas, il duca di Sassex ha discusso sull’importanza di smantellare lo stigma – ancora oggi fin troppo presente – invitando chiunque a fare un test di controllo.
Durante la loro conversazione, il rugbista Garreth Thomas spiega al principe Harry che dopo essere risultato positivo al test, quella che temeva essere una condanna, è diventata presto un’affermazione di vita ancora più grande: “Voglio che le persone si sentano come me, che riescano ad emanciparsi. Voglio che tutti possano parlare di come si sentono, senza dover vivere nel silenzio”.
“Ognuno di noi ha il dovere, o almeno l’opportunità di fare il test” ha dichiarato apertamente il principe “Testatevi fino a farla diventare un’attività regolare come tante altre“.
Parole che celebrano anche 35 anni dell’attività umanitaria iniziata da sua madre, la principessa Diana Spencer.
Tra gli anni ’80 e ’90, in un periodo storico in cui divagava la convinzione che per contrarre l’HIV bastasse un semplice contatto, Lady D si presentava negli ospedali inglesi e stringeva la mano ai malati di AIDS.
La donna più famosa del mondo si armava della sua gigantesca piattaforma e contagioso carisma, per sensibilizzare le masse e non abbandonare le persone malate, in particolare la comunità LGTBQIA+.
“Il lavoro di mia madre rimane incompiuto, è mio dovere cercare di portarlo avanti il più possibile” spiega il principe.
La famiglia reale è sempre stata ben consapevole della propria influenza: già nel 2016, dopo che il principe Harry si testava durante una trasmissione in diretta presso la Burrell Street Sexual Health Clinic di Londra, il numero di test sono saliti alle stelle.
Sempre l’anno scorso Harry per la Giornata Mondiale contro l’Aids scriveva in una lettera alla comunità scientifica: “Onoriamo coloro le cui vite sono state interrotte e riaffermiamo il nostro impegno nei confronti di una comunità scientifica che ha lavorato instancabilmente contro questa malattia. Mia madre sarebbe profondamente grata per tutto ciò che rappresentate e che avete realizzato.“
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