Tutta la storia dell’attacco di Giorgia Meloni contro i papà gay su Rai1

In Amore in Quarantena la storia di Luca, Emanuele e i loro due gemelli. La leader di FdI tuona: "Rai 1 pubblicizza le pratiche di surrogazione di maternità". La coppia e la produzione replicano.

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3 min. di lettura

Oltre ad aver sconvolto l’ordine nell’ambito della salute, dell’economia e del lavoro, l’attuale situazione sanitaria ha messo a dura prova anche la tenuta degli affetti stabili. Nel palinsesto di Rai 1 c’è un programma che si occupa delle storie d’amore di coppie sbocciate o che hanno difeso il proprio sentimento durante la pandemia da Covid-19. Si intitola Amore in Quarantena ed è condotto da Gabriele Corsi. Nella settimana passata, la trasmissione è finita nell’occhio del ciclone per aver ospitato Luca ed Emanuele e i loro due gemelli, nati tramite gestazione per altri.

Nella puntata andata in onda sabato 24 luglio, la coppia omosessuale ha ripercorso l’ultimo anno di vita familiare, rivelando che la gioia del diventare genitori ha fatto da contraltare allo sconforto e al senso di solitudine dovuto dal lockdown. Una tale felicità per l’arrivo di Miranda e Manfredi, da riuscire a illuminare il periodo buio delle chiusure e delle limitazioni. “È una pratica illegale in Italia e Rai 1 non dovrebbe pubblicizzarla“, ha commentato una telespettatrice, le cui parole di scherno e repulsione sono stati presto condivise da Famiglia Cristiana. Con gli arcinoti ritornelli sulle donne “incubatrici umane”, “uteri in affitto” e i “figli a pagamento”, il portale di informazione di ispirazione cattolica ha bocciato su tutta la linea il racconto cavalcando qualche messaggio estrapolato dalla rete.

Immancabile, in pieno luglio e con una biografia ancora in promozione, il commento tecnico di Giorgia Meloni all’indomani della puntata incriminata di Amore in Quarantena. La leader di Fratelli d’Italia ha infatti annunciato un’interrogazione in Vigilanza Rai per la “pubblicizzazione dell’utero in affitto” in un programma della rete ammiraglia:

Ricordiamo al servizio pubblico, a Rai 1, al direttore Stefano Coletta, al conduttore e agli autori del programma che in Italia l’utero in affitto è un reato sancito dalla legge 40 e che lo si commette anche se si pubblicizza la pratica della surrogazione di maternità. È vergognoso che sul servizio pubblico possano succedere queste cose, in palese violazione di una legge italiana.

E guai a chiamarlo amore: uno scandalo da censurare, un racconto ai limiti dell’horror che ha rischiato di urtare la sensibilità del pubblico reazionario. Mentre ci si domanda lecitamente perché il racconto di una storia dovrebbe rappresentare una televendita per le pratiche di surrogazione di maternità – al pari di un documentario giallo come materiale di istigazione all’omicidio, perdonerete la crudezza – la coppia composta da Luca ed Emanuele ha deciso di replicare alle accuse ricevute:

La Rai ci ha scelto, insieme ad altre bellissime storie, per condividere la nostra esperienza, e lo ha fatto con delicatezza, con rispetto, senza giudizi e senza ideologie. Ha raccontato la cosa più importante e più semplice del mondo, l’Amore. Gabriele Corsi e tutta la Produzione si sono dimostrati persone fantastiche e sensibili, che avevano voglia di ascoltarci e capire il percorso che ci ha permesso di essere oggi una famiglia. È necessario rappresentare la pluralità che esiste in Italia, ed è ancor più necessario raccontare l’amore. La Rai ha saputo andare oltre i pregiudizi, e siamo convinti che questo genere di scelte siano preziose e servano ad abbattere l’odio nei confronti della diversità, che troppo spesso viene vista come una minaccia invece che una ricchezza.

I due neo-genitori hanno anche fermamente respinto ogni riferimento all’utero in affitto, “una barbarie che avviene in alcuni paesi poveri e che sfrutta e mercifica il corpo delle donne”, sottolineando invece che la gestazione per altri è una forma di procreazione assistita in linea con i diritti umani universali, già da tempo regolamentata in stati democratici come gli Stati Uniti e il Canada:

Noi non vogliamo convincere nessuno, vorremmo solo che prima di esprimersi ci si informasse, così da poter avere un pensiero consapevole. Al di là di tutto, l’unica cosa che per noi conta davvero è che i nostri figli Miranda e Manfredi siano felici e amati, e abbiamo la fortuna di vedere che è così, ogni giorno. Perché la famiglia è questo: è il luogo dell’amore, quell’amore puro, che ti riempie la vita, e che non dovrebbe essere necessario difendere o giustificare.

Il giorno dopo la nota di Luca ed Emanuele, in apertura della nuova puntata di Amore in Quarantena, Gabriele Corsi si è fatto portavoce della posizione della produzione sulla polemica. Il conduttore ha ribadito che tutti i racconti presentati nel programma si inseriscono in un contesto di verità, che rispecchia tutta la società di oggi. “Ci sembrava giusto che il servizio pubblico ne desse conto, nel rispetto del pluralismo e per favorire l’inclusione”, ha aggiunto il conduttore, che nel 2013 si diceva favorevole alla possibilità per le coppie dello stesso sesso di adottare. Certo, all’epoca veniva presentata come soluzione valida a tappare l’assenza dei genitori naturali dei bambini orfani, “figli del mondo” rimasti soli. Ma questo è un altro discorso.

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Franzc Dereck 1.8.21 - 12:15

Ma questa farisea ,come concilia il suo strapparsi le vesti ( orrore , tappate gli occhi ai bambini !) per la mancanza di nascite in Italia , con una legge miope che può benissimo essere cambiata , tenendo fermo il principio della non remunerazione di tale tecnica riproduttiva?

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