Attacco totale alle famiglie arcobaleno.
Dopo la procura di Padova, che ha chiesto al Comune gli atti di nascita di 33 figlie e figli di coppie di donne registrati negli ultimi 6 anni dal sindaco Sergio Giordani, a Belluno sono andati oltre. La procura ha infatti già ottenuto un primo annullamento dai giudici del tribunale civile, come accaduto a Bergamo con Michela, mamma cancellata dal certificato di sua figlia Giulia, di 9 mesi. E non è finita qui, perché c’è in atto anche un secondo ricorso, firmato dal procuratore capo Paolo Luca.
La vicenda di Belluno parte da lontano, ovvero nel 2018, quando venne presentato il primo ricorso contro la trascrizione di due mamme di un paesino che si trova nell’hinterland. Una delle due aveva dato alla luce un figlio concepito all’estero con il seme di un donatore. A fine 2020 il tribunale ha disposto la cancellazione della mamma non biologica. Decisione confermata dalla Corte d’appello di Venezia il 26 aprile del 2021. La coppia, assistita dall’avvocato Maurizio Paniz, si è ora rivolta alla Cassazione, chiamata a decidere nel mese di maggio. “Se ci darà torto“, ha precisato il legale al Corriere della Sera, “ci rivolgeremo al tribunale europeo per i diritti dell’Uomo, perché cambiare il cognome a un bimbo che ormai ha sei anni (ora porta il doppio cognome, di entrambe le mamme, ndr) significa sottoporlo a un trauma ingiustificato“.
Nel dubbio l’Avvocatura dello Stato ha chiesto la conferma della decisione del tribunale di Belluno, perché a loro dire trascrivere entrambe le mamme nell’atto di nascita sarebbe «discriminante» nei confronti delle coppie omogenitoriali composte da due uomini.
Dalla procura di Belluno rilanciano chiedendo la cancellazione di tutte le iscrizioni già effettuate. Nessuna esclusa. Un’altra coppia omogenitoriale, in città, è finita nel mirino del procuratore, con il loro bimbo che porta il cognome di entrambe le mamme.
Secondo la procura “l’ordinamento richiede, quale ineludibile presupposto del riconoscimento di genitorialità, che i genitori non abbiano lo stesso sesso. Ciò si desume dalle disposizioni del codice civile che utilizzano la terminologia “padre”, “marito” e “moglie””. Per questo motivo, proseguono, “l’ufficiale dello stato civile del Comune di Belluno non poteva formare validamente un atto di nascita in cui vengono dichiarati genitori dello stesso sesso; avrebbe dovuto piuttosto rifiutare (…) perché è necessario che il riconoscimento provenga da un uomo e da una donna“.
Il procuratore Paolo Luca, dalle pagine del Corriere della Sera, ha ribadito come “le leggi approvate dal nostro parlamento” parlino “chiaro e prevedano che due persone dello stesso sesso non possano figurare entrambe come genitori di un bambino. Il dovere di una procura non è di sindacare se una norma sia eticamente corretta o meno: una volta esclusi vizi di legittimità costituzionale ha solo l’obbligo di applicarla. Un conto è il magistrato, un altro l’uomo. Non ho problemi ad ammettere che, personalmente, preferirei che in Italia le leggi garantissero a tutti i bambini la possibilità di vedersi riconosciuti due genitori, a prescindere dal loro sesso. Anche la presidente della Consulta ha detto che al centro delle scelte deve sempre esserci il rispetto “dei diritti dei nati”. Ma come procuratore è ciò che sono tenuto a fare: fino a quando le regole rimarranno queste, chiederò di annullare tutte le trascrizioni di questo tipo fatte in provincia di Belluno“.
Guerra totale a migliaia di famiglie e di bambini, voluta da un governo che ha così deciso di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da ben altri problemi, economici, sociali e politici, andando anche oltre le condanne dell’Europa.
Famiglie Arcobaleno ha annunciato una manifestazione a Padova, in via VIII febbraio, davanti Palazzo Moroni, sabato 22 aprile alle ore 15.00. Facile immaginare che ce ne sarà un’altra anche a Belluno. E chissà in tutte quelle città d’Italia in cui procure sono pronte a seguire le direttive del Viminale.
Foto di Tadeusz Lakota su Unsplash
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