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Britney Spears e lo spauracchio dei corpi grassi

Britney Spears fa body shaming a Christina Aguilera e i suoi ballerini dicendo molto di una grassofobia che abbiamo interiorizzato con tutte le migliori intenzioni.

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Britney Spears e il body shaming
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Svincolata dalla ben nota conservatorship che l’ha tenuta sotto controllo del padre fino allo scorso Novembre 2021, Britney Spears è finalmente libera di fare quello che pare: dal duetto con Elton John ad utilizzare i social come piace a lei.

In uno dei suoi ultimi (3,803) post, la popstar ci ha tenuto a ricatapultarci nei primi anni duemila, rispolverando la vecchia faida con Christina Aguilera con un tocco di body shaming: “Ho scoperto che c’è solo un modo per apparire magri: uscire con le persone grasse” riporta il post, citando direttamente le parole del comico Rodney Dangerfield, per poi aggiungere in caption: “Avrei voluto scegliere le tate per i miei bambini, i miei ballerini. Voglio dire se avessi avuto i ballerini di Christina Aguilera, sarei sembrata estremamente più piccola”. Britney continua a mano libera, riguardo le insicurezze del proprio corpo e le privazioni della sua condizione femminile, per poi concludere promettendo di restare sempre qui “a parlare di quello di cui nessuno parla”.

 

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Il post non ha generato il feedback sperato: i social hanno risposto aspramente e una valanga di star amiche l’hanno unfollowata senza proferire parola (nello specifico Madonna, Paris Hilton, Selena Gomez, Donatella Versace, Demi Lovato e la stessa Christina Aguilera). Spears ha cercato di fare ammenda: “In nessun modo volevo criticare il bellissimo corpo di Christina, è quello che è” scrive “Sono andata a vederla una volta e la prima cosa che ho notato era la differenza delle nostre persone sul palco“. Spears ha aggiunto che non voleva criticare il corpo di nessuno e che la sua fosse solo un resoconto delle proprie insicurezze, dopo anni di soprusi e abusi da parte della sua famiglia: “Non farei mai del body shaming intenzionalmente a qualcuno perché so come ci si sente. Faccio fatica per come mi sento con me stesa, non perché odio come appaiono gli altri“.

 

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Senza trascinarla al patibolo, Britney non ha fatto altro che rimarcare una grassofobia talmente radicalizzata nella nostra quotidianità, da sentirci liberi di sbandierarla agli occhi del mondo con le migliori intenzioni: le persone grasse non sono più persone ma modelli da cui distaccarsi il più possibile, la deriva peggiore di tutte, che ci motivano ad essere “migliori” mentre le contorniamo di pietismo, pena e misericordia. Le attiviste di Belle di Faccia, associazione incentrata sulla fat liberation, ne parlano molto meglio di me: “È qualcosa che noi sappiamo” spiegano in un post sul loro profilo ufficiale “Conosciamo lo sguardo di terrore e disgusto delle persone magre che ci circondano, i complimenti condizionati che fanno la corsa a ostacoli per non nominare i nostri corpi, le lingue che preferirebbero essere morse e sanguinare per non dire la parola grasso, lo stupore e la rabbia quando una persona grassa osa piacersi a avere una vita sentimentale o sessuale perché non l’avete mai considerata degna di una vita piena, ma la spinta a sembrare buonə samaritanə fa sì che tutto questo venga spesso mascherato da nobili intenzioni”. 

Britney si definisce una figura “scomoda” che esprime quello nessuno ha il coraggio di dire, e in qualche modo, come sottolinea sempre Belle di Faccia, è proprio così: le sue parole sono proiezione dei nostri retaggi, messi a tacere in funzione del perbenismo di facciata quando guardiamo una persona grassa e ci sentiamo rassicurati di non essere così, di apparire ancora accettabili secondo gli standard della società, impedendoci di intercettare quella grassofobia che – volenti o nolenti, consciamente o meno – ci ha nutrito giorno per giorno. Ma è proprio che cade l’asino: se il rapporto con il nostro corpo è una faccenda privata, al contempo, la liberazione dei corpi non ha nulla a che vedere con l’accettazione di sé o l’amore personale, quanto con lo smantellamento di un linguaggio che contribuisce alla marginalizzazione di chiunque non corrisponde al modello prestabilito, riducendo le persone grasse a parametro di misura per il nostro malessere.

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