Donazzan sotto accusa, allontanamento di Cloe Bianco fu errore giuridico: “Non esiste un dovere di transizione decorosa”

Magistratura Democratica: "La scelta di allontanare Cloe è stata giuridicamente sbagliata, la comunità scolastica aveva obbligo giuridico di rispettare l’identità della professoressa Bianco."

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Cloe Bianco aveva diritto ad esercitare la propria identità come meglio voleva, e non solo in modo che fosse tollerabile per la comunità scolastica e quella comunità non aveva diritto di interferire con le manifestazioni di quell’identità. Lo scrive Magistratura Democratica in una nota. Dunque gli interventi dell’assessora Donazzan e della Regione Veneto contro Cloe Bianco sono da ritenersi – secondo MD – giuridicamente sbagliati. L’errore di Donazzan e Regione Veneto nel 2015 ha inciso sulla scelta del suicidio di Cloe Bianco?

Nel suicidio di Cloe Bianco ci sono responsabilità dell’assessora Elena Donazzan e più estesamente della Regione Veneto? È quanto abbiamo chiesto alcuni giorni fa pubblicamente nel nostro editoriale in cui rivolgiamo all’opinione pubblica alcune domande. Dopo il durissimo intervento di Pietro Turano dal palco de La Repubblica delle Idee – “Il governo è il mandante morale” ha detto Pietro – e il post del ministro del Lavoro Andrea Orlando, il ministero dell’Istruzione ha avviato un approfondimento, e nello stesso giorno è scatta una petizione online per chiedere le dimissioni dell’assessora Elena Donazza, che dopo l’allontanamento dal lavoro di insegnate, aveva esposto Cloe Bianco alla gogna sui social network.

Ieri, ne L’Ortica di Simone Alliva su Gay.it ci siamo chiesti come mai il movimento LGBTQ+ sembri inerme davanti alle morti delle persone trans di questi giorni, ma intanto qualcosa sembra muoversi nella società civile.

Roberto Saviano oggi dal suo account Instagram attacca duramente l’assessora Donazzan:

“Elena Donazzan avrebbe dovuto scusarsi – scrive Saviano – per aver messo alla gogna una cittadina, una professionista. E invece ha rincarato la dose, dicendo che agirebbe ancora allo stesso modo, a difesa dell’istituzione scolastica. Donazzan deve dimettersi, e adesso sono gli studenti stessi a scendere in piazza perché questo avvenga: stanno protestando per difendere una scuola dove il pregiudizio non sia visto mai più come un valore.”

Sul caso Cloe Bianco è quindi intervenuta anche Magistratura Democratica in una nota approvata dal proprio consiglio nazionale.

“Non ci lascia indifferenti, non solo come cittadini e cittadine, ma prima come magistrati e magistrate di questa Repubblica cui spetta di rimuovere gli ostacoli di fatto che impediscono una vera uguaglianza – scrive MD – Perché la professoressa Bianco aveva chiesto nel processo che fosse riconosciuto il suo diritto a essere quella che sentiva di essere, aveva chiesto di dichiarare che quello che lei era (una donna, non un uomo vestito da donna, come invece affermato anche ieri da una importante esponente delle istituzioni pubbliche) non rappresentava alcuna violazione degli obblighi del suo lavoro di insegnante. Nel processo ha avuto torto.”

Quindi la nota affronta il cuore della vicenda: Cloe Bianco è stata allontanata in modo giuridicamente corretto? Secondo Magistratura Democratica no, come su Gay.it sospettiamo fin dal primo giorno.

“È stata una decisione sbagliata, non moralmente o eticamente non condivisibile, ma giuridicamente sbagliata. Perché i divieti di discriminazione proteggevano la diversità della prof. Bianco e quindi impedivano che quella diversità potesse essere qualificata inadempimento disciplinarmente sanzionabile.”

Quindi MD cita una sentenza del 1996, la sentenza Cornwall County Council, nella quale la Corte di Giustizia ha affermato che “il diritto di non essere discriminato in ragione del proprio sesso costituisce uno dei diritti fondamentali della persona umana” e che l’applicazione di un tale divieto non può “essere ridotta soltanto alle discriminazioni dovute all’appartenenza all’uno o all’altro sesso”.

Al contrario – continua la nota di Magistratura Democratica – esso deve applicarsi anche alle discriminazioni che hanno origine, come nel caso rimesso al giudizio della Corte, nel mutamento di sesso. Nella precedente sentenza il giudice ha affermato che “siffatte discriminazioni si basano essenzialmente, se non esclusivamente, sul sesso dell’interessato” e che, quindi, “una persona, se licenziata in quanto ha l’intenzione di sottoporsi o si è sottoposta ad un cambiamento di sesso, riceve un trattamento sfavorevole rispetto alle persone del sesso al quale era considerata appartenere prima di detta operazione”, per poi sostenere che “il tollerare una discriminazione del genere equivarrebbe a violare, nei confronti di siffatta persona, il rispetto della dignità e della libertà alle quali essa ha diritto e che la Corte deve tutelare”.

“Né certo può dirsi – scrive MD nella nota – che il diritto della professoressa Bianco alla propria identità potesse legittimamente esercitarsi, anche nell’ambito del suo rapporto di lavoro, solo in modo che fosse tollerabile per la comunità scolastica, o che quella comunità avesse diritto di interferire con le manifestazioni di quell’identità.”

“Con l’ordinanza 185/2017 infatti la Corte Costituzionale, a fronte dell’affermazione del giudice remittente secondo cui il mutamento dei caratteri sessuali secondari non dovrebbe ritenersi condizione idonea alla rettificazione del sesso, in quanto l’esplicazione del diritto della persona transessuale alla propria identità personale dovrebbe essere bilanciato con quello della collettività a non essere costretta «ad elaborare regole di comportamento certamente molto lontane dalla tradizione secolare», ha al contrario affermato che “la denunciata imposizione di un onere di adeguamento da parte della collettività non costituisce affatto una violazione dei doveri inderogabili di solidarietà, ma anzi ne riafferma la perdurante e generale valenza, la quale si manifesta proprio nell’accettazione e nella tutela di situazioni di diversità, anche «minoritarie ed anomale».

L’amministrazione scolastica, i genitori, gli allievi non avevano quindi diritto di pretendere un coming out “corretto” o “responsabile”, avevano invece l’obbligo giuridico di rispettare l’identità della prof. Bianco.

Il fatto che non sia successo è anche responsabilità del sistema giudiziario, una responsabilità che sentiamo come nostra, di ciascuno di noi. L’unico modo per onorare la memoria della prof. Bianco e riparare al torto che le è stato fatto è diffondere anche al nostro interno la cultura del rispetto delle diversità come espressione dei doveri inderogabili di solidarietà affermati così chiaramente dalla Corte Costituzionale.

La nota di Magistratura Democratica spiega dunque che la scelta di Elena Donazzan e Regione Veneto di allontanare Cloe Bianco fu giuridicamente sbagliata. L’errore giuridico delle istituzioni, sommate alla gogna mediatica dell’assessora di Fratelli d’Italia Elena Donazzan, hanno influito sulla drammatica scelta di Cloe Bianco di suicidarsi?

Lo chiediamo da ormai cinque giorni.

 

 

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