Camaleontico, eclettico, imprevedibile, irrefrenabile, talentuoso: non bastano certo questi aggettivi per definire uno degli attori più interessanti del momento, l’americano Jared Leto. Un artista davvero proteiforme – attore, musicista, sceneggiatore, regista, attivista (anche pro gay), appassionato di moda gender – che non è mai dove te lo aspetti: costruisce i suoi personaggi a partire da profonde trasformazioni fisiche, diventando realmente ‘altro da sé’, esplorando mondi anche inimmaginabili.
E quando si parla di Leto non si può non associare la musica, anche perché lui stesso è il factotum degli ultrarock Thirty Seconds To Mars, grinta e corde fumanti, un gruppo già cult. Suoni e immagini, indistinguibili. Noi lo ricordiamo soprattutto per la splendida interpretazione della dolente transessuale Rayon nel vibrante Dallas Buyers Club dove illuminava lo schermo con un battito di ciglia, uno sguardo disperante, un accavallar di gambe pieno di tremore. E fu subito Oscar. Un altro ruolo memorabile fu quello di Nemo nel combinatorio Mr. Nobody del geniale regista belga Jaco Van Dormael dove si trasforma da 34enne alle prese con possibilità esistenziali dalle varianti multiple a vecchietto 117enne rimasto l’ultimo mortale in un futuristico 2092. Ogni volta Leto sparisce dietro al personaggio che prende corpo e anima in una galleria di maschere realmente ‘abitate’ dal suo iperdinamico trasformismo. Certo, poi come dimenticare i trip allucinatori dello strafatto Harry Goldfarb nel notevole Requiem for a Dream di Darren Aronofsky? O ancora il seducente Efestione del dimenticato (e bisex) Alexander secondo Oliver Stone?
Lo rivedremo dal 13 agosto nel nuovo cinecomic Suicide Squad di David Ayer già campione d’incasso – 135.000 milioni di dollari in tre giorni negli States, oltre 267 in tutto il mondo – dove fa venire i brividi come Joker queer dal ghigno raggelante e dai capelli verde acido, denti borchiati e tatuaggi ovunque (in tutto ben sedici), pura inquietudine come nemmeno l’analogo personaggio di Jack Nicholson e del compianto Heath Ledger. “Penso che il personaggio più interessante col quale collaborare – ha dichiarato Jared Leto alla BBC – sarebbe Batman. So che non è un cattivo, ma sarebbe molto divertente. Per molte persone il punto focale di questo film è il joker. In Suicide Squad c’è più di un’introduzione al Joker che è molto più di un supporto”.
È anche vero però che Leto si è lamentato perché molto scene girate sono state tagliate dal montaggio definito, al punto da commentare ironicamente: “Abbiamo sperimentato tanto sul set, abbiamo esplorato molto. Tante delle cose che abbiamo girato non sono nel film. Se morissi improvisamente, probabilmente spunterebbero fuori. È la notizia buona quando muore un attore… Tutte le sue cose poi escono fuori”. Pare che, durante la lavorazione del film, Leto non sia mai uscito dal personaggio, si sia ispirato ai cartelli della droga messicani e abbia letto opere sullo sciamanesimo consultando psichiatri e veri psicopatici.
Nel cinefumetto DC Comics prodotto dalla Warner Bros, un manipolo di supercriminali viene reclutato per salvare il mondo da una minaccia imminente: ecco quindi il cecchino multikiller Deadshot, il rettilone cannibale, l’ex psichiatra pazza (letteralmente) di Joker, il temibile El Diablo e molti altri. Ma a lasciare il segno è soprattutto il Joker: sì, certo, immaginarlo romantico sarebbe una follia, e infatti lo è, portata all’estremo: pura dipendenza come nemmeno i tossici. E al momento clou già immaginiamo quella risata… Paura!
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