Il sottosegretario agli Affari esteri Ivan Scalfarotto ha avuto un contatto telefonico con il segretario di Stato ungherese per la cooperazione europea e internazionale negli affari di Giustizia, János Bóka. Al centro della telefonata due recenti decisioni del Parlamento ungherese che hanno sollevato non poche polemiche e preoccupazioni, ovvero la mancata ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne e la norma di legge che identifica il sesso delle persone quale “sesso alla nascita”, semplicemente transfobica. Una norma che ha suscitato la reazione della Commissaria per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, che l’ha definita “una violazione dei diritti umani”, e di 63 europarlamentari, che hanno scritto al governo ungherese per chiederne la cancellazione.
Intervistato da Francesco Lepore per LInkiesta, Scalfarotto si è sentito dire in relazione a questa seconda norma che “il Parlamento ha ritenuto di dover definire la nozione di “sesso” contenuta nel certificato di nascita. Tuttavia, il Segretario di Stato Bóka ha tenuto a sottolinearmi che l’Ungheria è consapevole dei suoi obblighi internazionali in materia, e in particolare da quanto previsto dalla Convenzione europea sui Diritti dell’uomo e dalla giurisprudenza delle Corti internazionali, per cui non ci sarebbe, da parte di Budapest, alcuna volontà di limitare il diritto al cambiamento di genere“.
Peccato rimangano tutti i dubbi relativi alla possibilità di ottenere nuovi documenti corretti, vedi passaporto e carta d’identità, dopo un eventuale completamento della transizione.
“Grazie al sottosegretario agli Affari Esteri e alla Cooperazione internazionale, Ivan Scalfarotto, per aver chiesto conto al suo omologo ungherese alla Giustizia, Janós Bóka, Segretario di Stato per l’Unione europea e la Cooperazione giudiziaria internazionale della legge T/9934 e, in particolare, dell’articolo 33 sul dato anagrafico immodificabile del “sesso di nascita” e del conseguente divieto di cambio legale di genere per persone transgender e intersex“, hanno commentato Leonardo Monaco, Yuri Guaiana e Claudio Uberti dell’Associazione Radicale Certi Diritti, chiedendo subito un intervento diretto del governo italiano.
Ora i ministri degli esteri e degli affari europei italiani, Luigi di Maio e Vincenzo Amendola contattino il presidente della repubblica Ungherese János Áder chiedendo d’inviare il provvedimento alla Corte Costituzionale per un giudizio di legittimità. Devono farlo oggi, o sarà troppo tardi.
Ma la doccia fredda è arrivata oggi. Il presidente ungherese ha infatti firmato la legge T/9934 contenente l’articolo 33 sul dato anagrafico immodificabile del “sesso di nascita” e del conseguente divieto di cambio legale di genere per persone transgender e intersex. “Invitiamo a sostenere la campagna lanciata dall’associazione trans ungherese Transvanilla e tradotta in italiano da UniCa LGBT, che chiede alla Commissione Europea di condannare le azioni del governo ungherese e a usare tutti gli strumenti per proteggere i diritti fondamentali delle persone trans e intersex ungheresi“, hanno tuonato Leonardo Monaco, Yuri Guaiana e Claudio Uberti dell’Associazione Radicale Certi Diritti.
Il contestato testo fatto approvare da Orban sostituisce la parola “nem”, che significa sia “sesso” che “genere”, con il termine “születési nem”, ovvero “sesso alla nascita”. In definitiva, la nuova legge prevede che il sesso alla nascita non possa essere modificato. Una legge che viola le norme internazionali sui diritti umani e quanto deciso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, andando inoltre contro 3 sentenze (2005, 2007 e 2018) della Corte costituzionale ungherese.
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