“Scrivi di ciò che conosci” è il motto che segue Julian Gray nel suo lavoro. Il giovane artista britannico è una mina vagante del mondo dei fumetti, i cui lavori hanno recentemente attirato l’attenzione per due principali motivi: il suo fantasy spazia dalle atmosfere medievali all’età vittoriana e sono la perfetta rappresentazione di ciò che il loro autore è, e cioè una persona “trans*, queer, disabile, di colore e neurodivergente”. Così recita la sua bio.
La passione per il disegno non rientrava inizialmente nei suoi piani per il futuro, non sognava cioè di diventare un artista a tempo pieno. Invece, si stava laureando in psicologia all’università. Questo, finché un paio di anni fa la sua salute è peggiorata e gli sono stati diagnosticati ADHD – Disturbo da deficit di attenzione – e CFS – la Sindrome da stanchezza cronica. Ha così deciso di lasciare gli studi e focalizzarsi sul suo benessere.
È qui che inizia la sua avventura nel mondo dei fumetti. Per metterla giù con le sue parole:
«Non ci sono molte cose che mi assomigliano nei media, soprattutto quando si tratta di cose fantastiche».
E i suoi fumetti, infatti, non rientrano per niente nei canoni che siamo abituati a vedere. Ed è bellissimo.
Per esempio, quante storie ci sono ambientate in epoca medievale il cui protagonista necessita di una sedia a rotelle? Esatto, nessuna. E The Invalid’s Valet è qui per cambiare le cose. Una storia d’amore – rigorosamente queer – tra Percy, un artistocratico disabile, e Worthington, il suo valletto, che lo deve assistere quando la sua sedia a rotelle si rompe.
«Ci sono così tante storie che sono state scritte e raccontate per il pubblico maschile bianco ed etero che Hollywood tende a soddisfare. Quindi non mi scuserò per il fatto che le mie storie sono per le persone che non rientrano in quelle categorie»
Così come Witch & Warrior che, nella più classica delle storie d’amore fantasy, vede una donna trans* in veste di cavaliere che si innamora della stessa strega che le era stato ordinato di uccidere. E la parte migliore? L’estrema sensibilità di Julian carica così tanto i suoi disegni di emozioni che a volte non c’è nemmeno bisogno delle parole. E infatti questa storia saffica è raccontata solo per immagini, nemmeno un dialogo.
Julian ha raccontato che il disegno e l’arte sono stati come una via di fuga quando, dopo le diagnosi, è praticamente stato lasciato solo. «È stato come se mi avessero dato queste diagnosi e poi hanno detto: “Vai avanti per la tua strada”», ha spiegato. Così ha iniziato a raccontare storie, e le uniche che conosceva erano quelle simili alla sua.
La rappresentazione delle comunità marginalizzate è, come sappiamo, ancora scarsa nel mondo dei fumetti. In quelli più mainstream, solo recentemente si è iniziato a dare loro spazio. Qualche caso in più si registra nel campo indipendente, come spesso accade. Ma la strada è ancora lunga e, nonostante Julian ne sia consapevole, è anche convinto che poco a poco sempre più artisti come lui troveranno il loro posto.
Uno dei suoi obiettivi è anche quello di dimostrare che avere una voce, e farsi ascoltare, è possibile. Julian Gray ne è un esempio perfetto, lui che fino a qualche anno fa non pensava di diventare un disegnatore professionista e ora è arrivato a realizzare il suo personale show, la mostra Stories for Us a Manchester.
«Il mio obiettivo è fare sì che alle persone importi [di questi temi e di queste comunità], e riuscire a portarle in questi mondi che creo. E se imparano qualcosa lungo la strada, tanto meglio»
Foto di copertina: Rachel Poxon
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