Il Paese, in cui l’omosessualità è ancora condannata, mette al bando i test anali: una buona notizia per le comunità LGBT africane.
Con una decisione storica l’Alta Corte di Mombasa ha stabilito che il test anale sulle persone sospettate di avere avuto rapporti omosessuali è contro la Costituzione del Kenya. Questo tipo di ispezione infatti sarebbe in aperto contrasto con il diritto alla privacy tutelato dalla nuova legge fondamentale votata nel 2010 dai cittadini keniani.
Il pronunciamento della Corte arriva dopo aver esaminato il caso di due uomini, arrestati nel 2015 perché accusati di aver avuto un rapporto sessuale. Solo nel 2016 l’Alta Corte si era espressa in direzione contraria, ritenendo legittimi i test anali sugli uomini in stato di arresto per rapporti omosessuali.
In Kenya infatti, come in molti stati post-coloniali, l’omosessualità è punita dalla legge: nel Paese africano si rischiano fino a 14 anni di carcere. Una situazione che “Questa sentenza storica pone i tribunali del Kenya all’avanguardia nell’affermare che il governo non può negare ai cittadini LGBT i loro diritti fondamentali – ha dichiarato a TPI Neela Ghosal, ricercatrice presso Human Rights Watch – Nessuno dovrebbe essere sottoposto ad esami anali forzati e nessuno dovrebbe essere privato dei propri diritti a causa di chi sono o di chi amano”.
La procedura purtroppo resta una pratica comune negli apparati di sicurezza di molti stati africani e del Medio Oriente, dal Camerun alla Tunisia, dalla Tanzania all’Egitto, nonostante la condanna del Comitato contro la Tortura delle Nazioni Unite e la risoluzione della World Medical Association. La speranza è che questa sentenza possa costituire un precedente importante anche per altri Paesi che adottano questa pratica disumana.
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