La Polonia non si può esattamente definire un Paese LGBT-friendly. Negli ultimi anni le politiche del Presidente conservatore Andrzej Duda – uomo manovrato dalla destra del partito Libertà e Giustizia dell’intramontabile Jarosław Kaczyński – si sono inasprite tanto da richiedere anche un intervento dell’Unione Europea, che ha minacciato di tagliare i fondi europei destinati alla Polonia se non si fosse verificato un cambio di rotta. Questo non è accaduto, o almeno solo in parte, ma la comunità LGBTQ+ polacca continua ad essere in pericolo.
Lo scorso anno Duda aveva cercato alleati all’interno dell’Unione per supportare la sua crociata anti-LGBT: in molte zone della Polonia, infatti, sono state istituite delle zone LGBT-free, senza cioè presenta di persone queer; è stata poi istituita una campagna contro la propaganda LGBTQ+ nelle scuole. Anche se non è stato oggetto di polemiche recenti, la Polonia non riconosce nemmeno il matrimonio egualitario, stando all’articolo 18 della Costituzione che recita: «Il matrimonio come unione di un uomo e una donna, la famiglia, la maternità e la genitorialità sono sotto la protezione e la cura della Repubblica di Polonia».
La sentenza della Corte Suprema permetterà di registrare i certificati di matrimonio celebrati all’esteroEbbene, su questo versante è appena arrivato un seppur flebile bagliore di speranza. La Corte suprema della Repubblica di Polonia ha infatti emesso la scorsa settimana una sentenza secondo cui, nonostante l’articolo 18 formalmente vieti il matrimonio tra persone dello stesso sesso, non vi sono i presupposti perché le istituzioni non dovrebbero accettare di registrare i certificati di matrimonio delle suddette coppie sposate all’estero. Il che vale anche per i cittadini polacchi che decidono di sposarsi in altri Paesi.
«L’articolo 18 della costituzione non può costituire di per sé un ostacolo alla trascrizione di un certificato di matrimonio straniero se l’istituzione del matrimonio come unione di persone dello stesso sesso fosse prevista nell’ordinamento interno. La disposizione della costituzione in questione non vieta la regolamentazione legale delle unioni omosessuali», si legge nella sentenza della Corte che ha sottolineato come i legislatori polacchi non abbiano di fatto emanato una legge che argini questa possibilità.
Insomma, pare che la Corte suprema abbia appena fornito alla comunità LGBTQ+ polacca un modo per aggirare il divieto di matrimonio. Tutto questo è stato possibile grazie alla causa intentata da Jakub Kwieciński e Dawid Mycek, coppia gay di food vlogger che, dopo essersi sposati in Portogallo, avevano fatto richiesta per trascrivere il certificato di matrimonio, vedendosela negata. D’ora in poi, le istituzioni non avranno una base legale per rifiutarsi di trascrivere il certificato di una coppia queer, se questa è convolata a nozze all’estero.
Si tratta di un traguardo di piccola portata, ma un traguardo nondimeno. Soprattutto se si considera che il governo polacco ha fatto marcia indietro su alcune disposizioni, come l’abrogazione di alcune zone LGBT-free, solo dopo che l’Unione Europa ha minacciato lo scorso anno di tagliare i fondi destinati per far fronte all’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia. Il parziale cambio di rotta non è certo stato dovuto a un improvviso cambio di ideologia: se fosse per l’attuale governo in carica, le leggi sarebbero ancora più aspre.
Il clima politico, tuttavia, non sembra andare di pari passo con quello della popolazione. Nonostante, infatti, la Polonia sia storicamente un Paese prettamente conservatore, un recente sondaggio realizzato dal gruppo di ricerca Miłość Nie Wyklucza – L’amore non esclude ha evidenziato come in realtà una buona parte della popolazione sarebbe favorevole all’approvazione del matrimonio egualitario. Il 56% degli intervistati è favorevole, percentuale seguita dal 68% che riconosce le coppie omogenitoriali come famiglia e un altro 58% secondo cui una coppia dello stesso sesso è famiglia anche senza figli.
Si potrebbe azzardare un’ipotesi per cui la lotta anti-LGBT di Duda è una battaglia puramente personale e basata più sulle proprie convinzioni che non sul reale sentire del Paese. tuttavia, chi detiene il potere di emanare le leggi è ancora contro la comunità LGBTQ+: il riconoscimento del matrimonio tra coppie dello stesso sposate in terra straniera è un piccolissimo passo avanti, ma a volte è quanto basta per sperare che un cambiamento più grande stia arrivando, magari in tempo per le prossime elezioni presidenziali.
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