TW: TRANSFOBIA
Il 12 Dicembre del 1972 nasceva Brandon Teena.
Forse lo conoscerete grazie al devastante film del 1999 che ha fatto vincere ad Hillary Swank l’Oscar come miglior attrice nel 2000 per aver interpretato un uomo transgender. Ma quella di Teena è una storia che va ben oltre i titoli di coda.
Cresciuto a Lincoln, cittadina del Nebraska, con una mamma single e un papà morto prima della sua nascita, sin da adolescente Teena ama vestirsi con abiti da uomo tanto da passare per tomboy (maschiaccio).
Rubando il cuore alle ragazze e saltando le lezioni, al liceo comincia a farsi chiamare Billy e successivamente Brandon. Espulso da scuola ancora prima del diploma, inizia a sostenersi tra lavoretti saltuari e rubando carte di credito.
Nel 1992 viene frettolosamente bollato come ‘lesbica dall’identità di genere in crisi’ ma David Bolkovac, direttore del Gay and Lesbian Resource Center presso l’Università del Nebraska, sottolinea che Brandon non è affatto confuso, ma un “uomo intrappolato nel corpo di una donna”.
Prima del suo ventunesimo compleanno si trasferisce a Falls City nella speranza di vivere la sua transessualità lontano da sguardi indiscreti.
Nella cittadina di Humbodlt fa amicizia con gli ex galeotti John Lotter e Marvin Thomas Nissensi, e si innamora di Lana Tisdel, la prima in grado di amarlo e accoglierlo senza scrutarlo dalla testa ai piedi.
Nessuno è al corrente della sua transessualità e i primi mesi a Humboldt segnano un nuovo inizio per Teena.
Almeno fino al Dicembre del 1993.
Arrestato per contraffazione, Brandon viene rinchiuso nell’area femminile del carcere. Dichiara di essere intersex nella speranza di ricevere un riassegnamento chirurgico con scarsi risultati, e il suo deadname finisce su tutti i giornali locali.
Se nel film Lana continua ad amarlo, nella realtà Tisdel mantiene rapporti ma interrompe la relazione, querelando anche la 20th Century Fox per aver cambiato i fatti.
Il 25 Dicembre del 1993 Lotter e Nissensi aggrediscono, umiliano, e stuprano Brandon, minacciandolo di morte se ne fa parola con chiunque.
Quando Teena denuncia l’accaduto, lo sceriffo Charles Laux non solo sminuisce l’accaduto, ma lo misgendera ripetutamente contestando la validità delle sue parole.
La notte di Capodanno del 1993, Brandon Teena viene ucciso da Lotter e Nissensi, insieme agli amici Lisa Lambert e Philip DeVine.
I due uomini verranno condannati alla pena capitale e lo sceriffo Laux processato e condannato per aver ‘sminuito’ la denuncia di Teena.
Ma anche dopo la sua morte, nemmeno la stampa riesce a dare dignità a Brandon: The Associated Press la definisce la morte di un ‘crossdresser’, Playboy lo chiama ‘l’assassinio di un imbroglione’, e anche riviste LGBTQIA+ come The Village Voice parlano di una ‘lesbica che odiava il suo corpo a causa degli abusi subiti’.
Quasi dieci anni dopo il film di Kimberly Pierce contribuirà a cambiare la narrazione.
Con gli innumerevoli limiti del caso – dall’interpretazione di un attrice cisgender alla pornografia grafica della violenza – quell’anno Boys Don’t Cry riportò attenzione agli orrori quotidiani delle persone transgender, relegate ai margini della società e intrappolate dentro una narrazione mediatica impreparata.
Quando sul palco degli Academy Awards, Hillary Swank fu una delle prime a ringraziare Teena utilizzando il suo nome d’elezione e pronomi al maschile fu un risveglio di coscienza.
Se oggi il film di Pierce pecca di derive transfobiche e anacronistiche, nei primi anni Duemila offrì una piattaforma a tutte quelle storie che non possono essere più ignorate. Dentro e fuori lo schermo.
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