Il direttore di Novaya Gazeta, il magazine russo che per primo parlò delle persecuzioni ai danni di alcuni omosessuali in atto in Cecenia, ha deciso di armare i suoi giornalisti.
Dmitry Muratov, direttore di Novaya Gazeta, risponde così alle intimidazioni che i suoi giornalisti e reporter sono costretti a subire quotidianamente. Parlando ai microfoni di Radio Eco di Mosca, Muratov ha rivelato l’intenzione di dotarli di pistole traumatiche e di far seguire loro un corso per imparare a usarle. Ora non resta che trattare con il ministero dell’Interno, anche se il Cremlino al momento si è limitato a un commento del portavoce di Putin, Dmitry Peskov: “Ognuno è libero di adottare le misure di sicurezza che ritiene opportune, ma nel rigoroso rispetto della legge”.
Il clima è sempre più infuocato in Russia, tra media filogovernativi e reporter più ostili al Cremlino: pochi giorni fa Tatiana Felghengauer, reporter della sopracitata Radio Eco di Mosca, è stata aggredita e accoltellata da un uomo che ha fatto irruzione nella redazione.
Quanto a Novaya Gazeta è impossibile dimenticare il caso più eclatante: la giornalista Anna Politkovskaya fu uccisa a colpi di pistola il 7 ottobre del 2006 per aver denunciato la deriva autoritaria del governo di Vladimir Putin e le violazioni dei diritti umani in Cecenia. Ma prima e dopo di lei è toccato ad altri giornalisti più o meno noti: Yuri Shekochihin nel 2003 (avvelenamento), Anastasija Baburova (uccisa anche lei a colpi di pistola) nel 2009 in centro a Mosca assieme a un avvocato attivo nel campo dei diritti umani, Stanislav Markelov.
L’ultima in ordine di tempo è Yulia Latinina, costretta a riparare all’estero un mese e mezzo fa dopo un attacco alla sua automobile (incendiata da sconosciuti) e a un vile attacco di due uomini in moto, che le hanno gettato addosso degli escrementi.
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E ci faranno pure i mondiali di calcio in quel Paese. Sarà la sconfitta dei diritti umani.