Russia: “curare le persone LGBTI”, smascherati 12 enti che operano indisturbati tra abusi fisici, sessuali e psicologici

L'indagine di una testata giornalistica russa svela gli inquietanti retroscena dei programmi per "curare" l'omosessualità e il transgenderismo.

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Russia LGBT - terapia riparativa
Russia LGBT - terapia riparativa
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Dai 10 ai 130.000 rubli al mese – circa 1400€ – per sottoporsi a “trattamenti di riabilitazione per comportamenti sessuali deviati”.

Accade nella Russia dell’omobitransfobia, teatro di una spietata persecuzione verso la comunità LGBTQIA+ recentemente etichettata come “movimento estremista” e quindi priva di qualsivoglia tutela. 

Qui, almeno 12 enti privati specializzati in terapie di conversione operano indisturbati, utilizzando protocolli abusanti e antiscientifici verso pazienti spesso costretti a sottoporvisi – secondo quanto rivelato da un’inchiesta della testata giornalistica Настоящее Время.

Non si parla di ritiri spirituali improvvisati: il “trattamento” delle persone LGBTQ+ è fornito da medici certificati, cliniche, comunità religiose, esperti in ipnosi e persino da centri di riabilitazione per persone con dipendenze – principalmente nelle regioni di Mosca, Rostov e nel Caucaso settentrionale.

terapia riparativa o anche detta "di conversione" per "guarire" dall'omosessualità
terapia riparativa o anche detta “di conversione” per “guarire” dall’omosessualità

Le cliniche “riabilitative” russe per la “cura” delle persone LGBTQIA+

“Non avrei mai pensato di poter essere rapita – racconta una ragazza ai microfoni di Настоящее Время – mi hanno mischiato un farmaco antipsicotico nell’acqua, mi hanno legata al letto. Mi hanno detto ‘non sei transgender, hai una malattia mentale’. Tante volte ho perso conoscenza dalle botte che mi davano. Ci davano da mangiare solo se facevamo quello che dicevano loro, ci minacciavano che non ci avrebbero mai lasciato andare”.

In questi centri, individui perfettamente sani vengono forzatamente rinchiusi in centri di riabilitazione e cliniche psichiatriche, spesso su iniziativa dei propri familiari.

Lì, sono sottoposti a una serie di pratiche estreme come umiliazioni, percosse, somministrazione di farmaci ormonali o psicotropi, e isolamento. Tecniche come l’ipnosi militare, la privazione alimentare e, in alcuni casi, il cosiddetto “stupro correttivo” vengono impiegate per “curare” l’omosessualità e il transgenderismo.   

Al fulcro dell’indagine condotta dalla testata giornalistica Настоящее Время, il centro di riabilitazione ortodosso “Unquenchable Hope, nella zona di Mosca. Una fonte investigativa, fingendosi preoccupata per un proprio caro rivelatosi gay, ha contattato il centro. Interrogati sulla possibilità di “curare” l’omosessualità, un addetto avrebbe confermato che “ci avrebbero provato”.

Unquenchable Hope propone di isolare completamente l’individuo dal contatto con l’esterno per un periodo non inferiore ai sei mesi. Durante un vero e proprio periodo di reclusione, il “paziente” verrebbe sottoposto a sedute psicologiche e a sessioni di preghiera – alternate ad abusi fisici e psicologici. Il costo per la permanenza è stimato in 50.000 rubli mensili, equivalenti a circa 540 euro.

Per una consulenza e due registrazioni audio di ipnosi da ascoltare autonomamente, il “Laboratorio dell’anima e del corpo dei fratelli Nikitenko” ha invece richiesto un pagamento di 7.000 rubli, ma non è stata fornita una stima del numero di sessioni necessarie per “guarire” dall’omosessualità.

Durante la prima sessione, il consulente e direttore del programma, Ivan Nikitenko avrebbe anche più volte violato il segreto professionale, condividendo dettagli e aneddoti personali riguardanti altri pazienti.

“Real”, altra entità religiosa con sede a Mosca, impone invece una rigorosa proibizione riguardante la visione di materiale pornografico, l’indulgenza in fantasie sessuali e la pratica della masturbazione – punite anche qui con abusi fisici e psicologici. È inoltre previsto che ogni forma di interazione tra i partecipanti avvenga esclusivamente sotto la supervisione di un mentore.

Secondo quanto riportato dall’emittente, un recente studio condotto dal gruppo Coming Out e dalla Fondazione Sphere ha rivelato che, su un campione di 6.500 membri della comunità LGBTQIA+ in Russia, circa un terzo ha subito episodi di violenza o discriminazione nel 2022.

Inoltre, il 58% degli intervistati ha espresso il timore di segnalare eventuali molestie alle autorità, preoccupati all’idea di dover rivelare informazioni personali alla polizia. Un circolo vizioso che, con l’aggravarsi della persecuzione verso la comunità, sembra oggi inarrestabile.

terapie di conversione terapie riparative

Le terapie di conversione non hanno basi scientifiche

In Russia, le pratiche di terapia di conversione trovano supporto tra diversi esponenti della comunità medica, scientifica, accademica e religiosa. Un esempio prominente è l’organizzazione Science for Truth, che dagli anni 80’ promuove l’idea che l’omosessualità non solo possa ma debba essere curata.

Dall’altra parte, a livello globale, vi è invece un crescente consenso scientifico sul fatto che le pratiche di conversione non abbiano alcuna base scientifica, e costituiscano in realtà una violazione dei diritti umani, portando a gravi conseguenze psicologiche per gli individui coinvolti.

Le testimonianze e gli studi dimostrano come queste pratiche possano diventare cause scatenanti di  depressione, ansia, pensieri suicidi, disturbo post-traumatico da stress, ma anche di danni fisici permanenti a causa della violenza con cui certi “programmi” tentano di “curare” omosessualità e transgenderismo.

Le organizzazioni internazionali, tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità, hanno infatti declassificato l’omosessualità come patologia da decenni, e le associazioni di psicologi a livello mondiale concordano sul fatto che non c’è nulla da “curare”. Di fatto, le sofferenze subite da chi viene costretto a sottoporvisi non sono quindi solo traumatizzanti, ma anche vane. 

Le norme internazionali sui diritti umani e le politiche di diversi organi, tra cui il Consiglio d’Europa, enfatizzano come le pratiche di conversione violino di fatto il diritto alla salute sessuale e riproduttiva, e siano quindi incompatibili con il divieto di discriminazione​​.

Nonostante la condanna internazionale, pochi paesi – tra cui Spagna, Islanda, Belgio, Cipro, Messico, Malta, Portogallo ed Ecuador – dispongono di fatto di divieti legali contro le terapie di conversione.

Anche nel nostro paese, la questione rimane problematica: sono diversi gli enti – principalmente religiosi – che sul territorio nazionale si propongono di “curare le devianze” con pratiche che variano dall’imposizione psicologica a interventi pseudo-medici, spesso celate dietro semplici consulenze spirituali.

La mancanza di una legislazione specifica che vieti queste pratiche contribuisce a mantenere un forte sommerso di casi non documentati e non denunciati – e a oggi risulta quindi impossibile conoscere l’impatto di tali programmi sulla comunità LGBTQIA+ nostrana.

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