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Viktor Orbán vs. UE per le minacciate sanzioni sulla legge omofoba ungherese: “Teppismo legalizzato”

Il presidente ungherese ha poi ribadito che non permetterà agli attivisti LGBTQ di “marciare su e giù” nelle scuole, promuovendo la cosiddetta “propaganda omosessuale”.

orban ungheria
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Viktor Orbán è passato al contrattacco, definendo “teppismo legalizzato” le azioni intraprese dall’Unione europea contro la legge omofoba ungherese. Intervistato dalla radio di Stato, Orbán ha dichiarato: “La posizione della Commissione europea è vergognosa”.

Non contento, ha ribadito che non permetterà agli attivisti LGBTQ di “marciare su e giù” nelle scuole, promuovendo la cosiddetta “propaganda omosessuale“. Il mese scorso il partito conservatore Fidesz ha introdotto la controversa legge, che vieta la “propaganda LGBT” ai minori di 18 anni, paragonandola inoltre alla pedofilia. Di fatto una censura nazionale nei confronti di qualsivoglia tematica che riguardi la nostra comunità.

Legge che ha terremotato l’UE, con la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen che l’ha definita ‘vergognosa‘, chiedendo sanzioni. Sulla stessa lunghezza d’onda David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, con 17 capi di Stato, Mario Draghi in testa, scesi in campo per dire basta all’omotransfobia ungherese.

La Commissione ha avviato le inevitabili procedure di infrazione contro Ungheria e Polonia, relative all’uguaglianza e alla tutela dei diritti fondamentali. D’altronde l’uguaglianza e il rispetto della dignità e dei diritti umani sono valori fondamentali dell’UE, sanciti dall’articolo 2 del trattato dell’Unione europea. Polonia e Ungheria hanno ora due mesi di tempo rispondere alle argomentazioni avanzate dalla Commissione. In caso contrario, la Commissione potrebbe decidere di inviare loro un parere motivato e in una fase successiva deferirli alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

Tutto questo nel pieno dello scoop lanciato dal Washington Post, insieme ad altre sedici testate internazionali, che vedrebbe l’Ungheria di Orban in prima fila nell’utilizzo di un software israeliano, chiamato Pegasus, per spiare i cellulari di giornalisti, attivisti, manager e politici. Gli altri Paesi coinvolti sarebbero Azerbaigian, Kazakhstan, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, India, Messico, Marocco e Ruanda.
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