Arcigay Messina denuncia: inadeguatezze nel servizio per persone trans al Reparto Endocrinologia del Policlinico

"Il loro punto di vista è che queste procedure non siano convenienti perché non redditizie"

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La salute è uno dei diritti umani fondamentali, riconosciuto dalla nostra Costituzione e tutelato da leggi e istituzioni pubbliche. Eppure, il nostro sistema sanitario è ben lungi dall’essere perfetto, soprattutto quando si tratta di fornire assistenza medica alle comunità più vulnerabili.

Uno dei casi più preoccupanti emerge dal Reparto di Endocrinologia del Policlinico di Messina, un punto di riferimento per le persone trans nel loro percorso di transizione di genere.

Per fare luce su questo tema abbiamo parlato con Rosario Duca, presidente di Arcigay Messina, da anni in prima linea per tutelare i diritti della comunità LGBTQIA+  messinese, che oggi dipinge un quadro tutt’altro che roseo per la comunità T.

“I problemi nel reparto sono diventati gravi da quando è iniziata la nuova gestione, circa 2-3 anni fa. Non stiamo parlando del reparto di psichiatria che gestisce la diagnosi di disforia di genere; quella parte funziona ancora bene. Qui si tratta del reparto che si occupa delle terapie ormonali”

Da circa 3 anni, quindi, la nuova dirigenza di questo reparto ha portato a un deterioramento significativo dei servizi, causando disagio e mettendo a rischio la salute delle persone trans”.

L’esperienza presso il reparto di psicologia e psichiatria, dove si ottiene la certificazione di storia di genere, sembra quindi funzionare senza intoppi. Ma il vero problema emerge quando si arriva al reparto di endocrinologia, dove dovrebbe essere assegnata la terapia ormonale.

“Da quando è cambiata la dirigenza, c’è stato un declino significativo nella qualità del servizio. Anche il centro di Messina, che era una struttura di riferimento, è diventato inutilizzabile. Le persone sono ora costrette a cercare servizi in altre province, oppure affrontare lunghi periodi di attesa per ricevere un piano terapeutico.

Peggio ancora, per caversela in tempistiche ragionevoli, sono costrette a caversela da sole e a servirsi di strutture a pagamento, quando invece potrebbero accedere a tutti i servizi di cui hanno bisogno semplicemente pagando il ticket.

Il punto di vista qui è che queste procedure “non siano convenienti” perché non redditizie, il che è completamente in contrasto con i principi della Costituzione in materia di sanità pubblica”.

Gli utenti denunciano attese di mesi per avere un semplice appuntamento, con ritardi che costringono a rinnovare le analisi mediche e che impediscono di avere un piano terapeutico. Questo ritardo porta all’incapacità di accedere alla terapia ormonale gratuita, costringendo molti a comprare i farmaci a proprie spese. Peggiora la situazione il fatto che molti vengono indirizzati a cliniche private a pagamento, senza fornire alcuna indicazione su dove cercare aiuto.

“Abbiamo un servizio legale e psicologico che segue le persone trans nel loro percorso di transizione. Ma oggi stiamo affrontando enormi sfide. Le tempistiche sono lunghissime, e questo crea un ciclo vizioso. Quando finalmente arrivano al reparto per la terapia ormonale, le analisi che avevano fatto sono già scadute.

Questo significa che devono comprare le terapie a pagamento, perché non possono accedere a quelle gratuite dell’ospedale senza un piano terapeutico valido.

Nella pratica, questa gestione sta bloccando la transizione di genere, un processo che è già emotivamente e psicologicamente tassante. E ciò è particolarmente drammatico perché molte di queste persone non hanno accesso a lavori stabili a causa della discriminazione di genere”.

Quello che emerge è un quadro inquietante che mette in luce non solo inefficienze operative ma anche una mancanza di sensibilità e comprensione verso le necessità di una comunità già marginalizzata.

Secondo il racconto di Duca, la direzione avrebbe giustificato questa situazione sostenendo che il reparto non sia conveniente perché non porta soldi, una dichiarazione diametralmente contraddittoria con lo spirito di un servizio sanitario nazionale che dovrebbe garantire l’assistenza a tutti, indipendentemente dalla loro condizione economica o status sociale.

La crisi non sembra tuttavia essere motivata da alcun tipo di influenza politica o religiosa, ma piuttosto da una gestione inefficiente e da una prospettiva puramente monetaria che ignora le direttive costituzionali sulla salute. E tutto questo accade in un contesto in cui la discriminazione lavorativa rende difficile per molte persone trans avere una stabilità economica.

“È puramente una questione di disservizio e di cattiva gestione. Se questa situazione non viene risolta, prevediamo di alzare la questione a livelli più alti. Lunedì sarò in commissione AIDS a Palermo, ed è in corso di redazione una relazione che sarà indirizzata all’Assessorato alla Sanità Regionale, al Ministero della Sanità ed agli organi competenti che auspichiamo riesca a risolvere questa situazione.  Se ciò non dovesse bastare, allora protesteremo”.

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