È interessante come alcune teorie nascano e prosperino. In special modo quelle clamorosamente false, perchè ci dicono molto del brodo culturale (o subculturale) in cui siamo immersi.
Roberto Mancini, ex talentuosissimo numero 10 ed attuale allenatore della nazionale italiana di calcio Campione d’Europa in carica, è omosessuale? Certo che no, ma questa diceria, in modi diversi, è tornata in auge più volte nel corso degli anni, come pettegolezzo, e poi come episodio di cronaca.
In questo articolo, che senza troppe pretese vuole avventurarsi in una piccola analisi socio comunicativa, capiremo come e perchè è nata l’associazione di Mancini con il mondo gay.
In questo articolo
Vialli e Mancini, coppia del gol: e non solo?
Per fortuna o purtroppo sono abbastanza vecchio per aver ammirato in attività, tra la metà degli anni ’80 e 90, Roberto Mancini nella sua fulgida carriera di calciatore, alla quale è mancato un niente per assurgere all’olimpo degli dei del calcio, o quantomeno dei semidei, diciamo lo status di un Roberto Baggio, per restare in casa nostra.
Mancini non aveva niente da invidiare sul piano tecnico ma anche fisico a nessuno: classe limpidissima, classico numero 10 funanbolico, con grande visione di gioco, uomo-assist ma anche molto concreto sotto porta: un piacere vederlo giocare. Molto prolifico, ha segnato in tutti i modi: al volo, di tacco, in rovesciata, di rapina, di testa, e molti dei suoi gol sono da manuale del calcio.
Forse gli è mancata un po’ di fortuna, specie in Nazionale, e la militanza nei top team che lo portasse a vincere di più: nel suo palmares infatti solamente un -mitologico- scudetto con la Sampdoria, uno con la Lazio, una Coppa delle Coppe, alcune coppa Italia. Un po’ quello che è successo a Totti,, che però ha visto compensato un palmares piuttosto magro nella Roma con il trionfo più ambito da ogni calciatore, la Coppa del Mondo 2006.
A metà degli anni ’80, nel periodo più fulgido della sua carriera, Roberto Mancini trova l’altra metà del suo cielo calcistico e nasce la coppia (calcisticamente) perfetta, quella con Gianluca Vialli.
Meno talentuoso, più potente anche in seguito ad una costante crescita atletica e muscolare, Vialli è una punta esplosiva, non troppo tecnica ma veloce e scaltra. Insieme sono l’arma letale della Sampdoria più forte di sempre.
Ma Vialli e Mancini rappresentano qualcos’altro: una coppia davvero affiatata. In ogni occasione traspare il piacere di stare insieme, dentro e fuori dal campo. Sono anche due calciatori pensanti: Vialli è una persona informata, intelligente, si interessa al sociale, il contrario dello stereotipo del calciatore (scriverà un bel libro in seguito, Goals, 98 storie + 1). Altrettanto Mancini, appassionato addirittura di musica classica e teatro.
Inoltre i due sono belli in modo non convenzionale, per il mondo del calcio dell’epoca. Mancini sembra un lord inglese o un intellettuale francese, nonostante sia marchigiano di Jesi: il capello sempre un po’ lungo, il ciuffo scapigliato, l’occhio ceruleo, la baby face pulita e giovanile, sempre elegante, come del resto è oggi nella panchina della Nazionale, splendido 57enne.
A dispetto dell’immagine angelica, ha un carattere peperino ed affatto accomodante che rende la sua personalità ancora più interessante.
Vialli, nonostante le origini alto-borghesi, sembra un ragazzo pasoliniano, un Ninetto Davoli, dalla faccia furba e maliziosa, la simpatia naturale, il fisico prorompente che contrasta l’eloquio raffinato. Ed ecco correre da subito le voci.
Sui due infatti, negli anni ’90, già si fantasticava (parlo del mondo gay) perchè in fondo rappresentavano qualcosa che di lì a qualche anno avremo chiamato metrosexual, epiteto che infatti fu affibbiato ad un altro calciatore di spicco, quel David Beckham che divenne autentica icona alla fine dei 90s. Dei calciatori molto diversi, scanzonati, moderni, rispetto a quelli di quegli anni, Vialli e Mancini. Una bromance ante litteram, che durò per otto indimenticabili stagioni, e terminò con il sofferto trasferimento di Vialli alla Juve nel 1992, e di Mancini alla Lazio (1994). Dissolvenza.
Sarri a Mancini: F*rocio, Finocchio
Siamo nel 2016. Roberto Mancini, dopo aver smesso gli scarpini al termine di una carriera di quasi 25 anni (il suo esordio in serie A è del 1981, a 17 anni), ha già allenato alcune tra le squadre più titolate d’Europa: Lazio, Manchester City e soprattutto Inter dove entrerà nella leggenda vincendo 3 scudetti di fila tra il 2005 e il 2008, all’apice dell’era Moratti.
Nel 2014 viene richiamato alla guida della beneamata con la speranza di rinverdire i fasti del passato, ma questo non accadrà. Il 19 Gennaio 2016 l’Inter affronta il Napoli di Sarri in trasferta e tra i due allenatori sorge un alterco. Raccontiamolo con le parole di Mancini
Battibecco? Domandate a Sarri, che è un razzista. Io dico che uomini come lui non possono stare nel modo del calcio. Sarri ha usato parole razziste: Avevo chiesto solo al quarto uomo il perché dei cinque minuti di recupero e lui ha iniziato a inveire contro di me, dandomi del ‘frocio’ e ‘finocchio’. Ha 60 anni e si deve vergognare, questo episodio cancella tutto. È una vergogna, uno che si comporta così in Inghilterra non vedrebbe più il campo. Negli spogliatoi sono andato a cercarlo, lui mi ha detto ‘ti chiedo scusa’, io ho risposto ‘ti devi vergognare, se tu sei un uomo sono orgoglioso di essere frocio e finocchio”. “Il quarto uomo? Ha sentito tutto, era lì, siamo stati allontanati tutti e due”, ha spiegato il tecnico dell’Inter.
Roberto Mancini: sarei orgoglioso di essere gay
Sarri si scusa prontamente, già negli spogliatoi con Mancini, e poi a caldo dichiara ai giornalisti:
Ho perso lucidità ma sono cose da campo che dovrebbero finire in campo. Era un insulto di rabbia, mi è scappata una parola, ma non tiriamo fuori l’omofobia. Mi sono scusato con Mancini in privato e pubblicamente. Mi sembrava una normale litigata con toni da non usare. Mi è sfuggito questo termine, le mie scuse agli omosessuali sono palesi.
Più interessanti però le sue dichiarazioni ad Alessandro Cecchi Paone, per l’occasione intervistatore per conto di CHI, in uno sfizioso contrappasso giornalistico:
Volevo colpire Mancini sul fatto che scende in campo sempre elegante, come per un ricevimento. Volevo dirgli fighetto. E ho sbagliato, lo ammetto.
In queste parole c’è la sintesi perfetta di ciò che voglio dire in questo articolo. Poi aggiunge, sui gay nel calcio:
I gay nel calcio ci sono stati, ci sono e ci saranno. Spero che questa vicenda, nata male e finita bene, li aiuti a venire allo scoperto. Almeno nel Napoli non avrebbero problemi.C’è bisogno di esempi importanti, che indichino a tutti la via del rispetto delle differenze reciproche – aggiunge Sarri – E’ già successo in altri settori che influenzano la pubblica opinione, ora è la volta del mondo del pallone, quello decisivo per il sentire comune degli italiani. La compattezza del gruppo non viene mai messa a rischio dalle abitudini private degli atleti. I problemi vengono solo da eventuali rivalità tecniche o dalle inimicizie che a volte si scatenano fra le rispettive mogli e fidanzate.
Sarri verrà squalificato per due giornate, un provvedimento importante per segnare un punto contro l’omofobia nel mondo del calcio. Ma ciò che rimarrà scolpita negli annali è la frase di Mancini:
Sarei orgoglioso di essere gay
Se da un lato, quello delle dietrologie, auspicabilmente pochi, questa reazione rabbiosa di Roberto Mancini è stata una sorta di mezza ammissione, la verità è che nel contesto attuale anche una frase così semplice e non particolarmente impegnativa è importante se pronunciata ad alta voce senza ambiguità da un campione e allenatore di altissimo livello adorato dai ragazzini di mezzo mondo, stufo di sentire utilizzare certi epiteti in modo offensivo.
Una goccia nel mare magnum del ritardo del mondo del calcio nell’accettazione dell’omosessualità, come vediamo ogni giorno, dove basta essere anche solo poco tamarri e moderatamente eleganti per suscitare “sospetti”.
Credit foto cover: Corriere Adriatico
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