Il mese scorso il Phak Kao Klai, partito progressista e d’opposizione alla giunta militare guidato dal 42enne Pita Limjaroenrat, ha vinto le elezioni in Thailandia, con Limjaroenrat in attesa di essere ufficializzato primo ministro nel mese di luglio. Carica tutt’altro che scontata, perché dal 2017 la nuova costituzione affida ai militari la nomina dei 250 membri del Senato, in carica per 5 anni e a loro volta chiamati ad eleggere il nuovo primo ministro insieme ai 500 nuovi deputati.
Nel dubbio Pita Limjaroenrat ha promesso che da premier approverà il matrimonio egualitario entro i primi 100 giorni di legislatura. Domenica scorsa Limjaroenrat ha partecipato al Bangkok Pride, per la prima volta di nuovo in piazza dopo l’ultima edizione del 2006.
Per celebrare l’evento, il 42enne ha descritto la Thailandia su Facebook come “un paese guidato dall’amore, non dalla paura”, aggiungendo: “La diversità non è una debolezza, ma una forza di questo Paese. L’amore è amore e l’amore deve vincere. Si tratta di raccontare al mondo i valori che condividiamo. La via da seguire è quella di vedere che le persone sono uguali, non importa chi tu sia. Abbiamo tutti pari dignità umana, dobbiamo avere uguaglianza davanti alla legge e ricevere servizi pubblici dallo Stato in modo equo, senza discriminazione”.
Nel 2021 oltre 270,000 firme vennero raccolte con una petizione a favore del matrimonio egualitario. Nel 2022 il parlamento aveva annunciato l’intenzione di approvare una legge a tutela delle coppie dello stesso sesso, senza però chiamarlo matrimonio. Se la promessa di Pita Limjaroenrat diventasse realtà, la Thailandia, da noi recentemente visitata insieme a Pietro Turano, passerebbe alla storia come il primo Paese del sud-est asiatico a legalizzare le unioni tra persone dello stesso sesso.
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